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Cybercrimes

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L’evoluzione tecnologica e l’utilizzo sempre più permeante della rete internet hanno agevolato ed innovato le modalità di commissione dei reati informatici ed è sempre più frequente essere vittime dei cosiddetti cybercrimes.
Con il termine cybercrimes si suole far riferimento a quei reati perpetrati attraverso l’utilizzo della rete internet e dei sistemi informatici o telematici: essi si distinguono in «computer facilitated crimes», reati facilitati dall’utilizzo dei computer, contrapposti ai «computer crimes», reati nei quali i computer costituiscono l’oggetto materiale della condotta criminosa[1].
La legge n. 547/1993 ha inizialmente introdotto nel Codice Penale italiano nuove fattispecie di reato, come la frode informatica (art. 640 ter c.p.) o danneggiamento dei sistemi informatici e telematici (art. 635 bis c.p.), ma è solo in seguito alla legge n. 48/2008 che sono stati in parte conseguiti gli obiettivi della Convenzione di Budapest del 2001, ossia l’armonizzazione degli elementi fondamentali delle fattispecie di reato e degli istituti processuali previsti dai singoli ordinamenti interni, corroborati da un’efficiente cooperazione giudiziaria ed investigativa internazionale.

[1] SIMONCINI E., Il cyberlaundering: la “nuova frontiera” del riciclaggio, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, n. 4/2015, 899

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