Studio Legale Carlo Zaccagnini - Roma e Milano
  >    >  Cybercrime: appropriazione indebita di dati e file informatici

Sentenza della Corte di Cassazione n. 11959, Sez. II, 13 aprile 2020

La Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto con la sentenza n. 11959, Sez. II, 13 aprile 2020 (hinc: “la Sentenza) : « i dati informatici, contenenti file, sono qualificabili “cose mobili” ai sensi della legge penale e, pertanto, costituisce condotta di appropriazione indebita la sottrazione da un personal computer aziendale, affidato per motivi di lavoro, dei dati informatici ivi collocati, provvedendo successivamente alla cancellazione dei medesimi dati e alla restituzione del computer “formattato” » (par. 1.9).

Oggetto di scrutinio era la riconducibilità dei file informatici alla stregua della definizione di “cosa mobile” ai sensi della legge penale; infatti, ai sensi dell’art. 646 c.p., il delitto di appropriazione indebita prevede che “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032.”

Precedentemente, la Cassazione aveva risolto quest’ultimo quesito negativamente, affermando che oggetto materiale della condotta di appropriazione non può essere un bene immateriale (Cass. Pen., Sez. II, n. 33839 del 12/7/2011, Simone, Rv. 251179), salvo che la condotta abbia ad oggetto i documenti che rappresentino i beni immateriali (Cass. Pen., Sez. V, n. 47105 del 30/9/2014, Capuzzimati, Rv. 261917) .

La definizione di “cosa mobile” ai fini della legge penale non è positivamente prevista dalla legge, ma orientamento costante della Suprema Corte ha stabilito che debbano considerarsi tali le “cose” suscettibili di “fisica detenzione, sottrazione, impossessamento od appropriazione, e che a sua volta possa spostarsi da un luogo ad un altro o perché ha l’attitudine a muoversi da sé oppure perché può essere trasportata da un luogo ad un altro o, ancorché non mobile ab origine, resa tale da attività di mobilizzazione ad opera dello stesso autore del fatto, mediante sua avulsione od enucleazione” (Cass. Pen., Sez. II, n. 20647 del 11/5/2010, Corniani); sono escluse quindi le entità immateriali – le opere dell’ingegno, le idee, le informazioni in senso lato – dal novero delle cose mobili suscettibili di appropriazione.

La Sentenza sottolinea che «il file, pur non potendo essere materialmente percepito dal punto di vista sensoriale, possiede una dimensione fisica costituita dalla grandezza dei dati che lo compongono, come dimostrano l’esistenza di unità di misurazione della capacità di un file di contenere dati e la differente grandezza dei supporti fisici in cui i files possono essere conservati e elaborati. L’assunto da cui muove l’orientamento maggioritario, giurisprudenziale e della dottrina, nel ritenere che il dato informatico non possieda i caratteri della fisicità, propri della “cosa mobile” (nella nozione penalistica di quel termine) non è, dunque, condivisibile; al contrario, una più accorta analisi della nozione scientifica del dato informatico conduce a conclusioni del tutto diverse» (par. 1.5.3); riguardo la configurabilità della condotta appropriativa di dati informatici, «va considerata la capacità del file di essere trasferito da un supporto informatico ad un altro, mantenendo le proprie caratteristiche strutturali, così come la possibilità che lo stesso dato viaggi attraverso la rete Internet per essere inviato da un sistema o dispositivo ad un altro sistema, a distanze rilevanti, oppure per essere “custodito” in ambienti “virtuali” (corrispondenti a luoghi fisici in cui gli elaboratori conservano e trattano i dati informatici); caratteristiche che confermano il presupposto logico della possibilità del dato informatico di formare oggetto di condotte di sottrazione e appropriazione. In conclusione, pur se difetta il requisito della apprensione materialmente percepibile del file in sé considerato (se non quando esso sia fissato su un supporto digitale che lo contenga), di certo il file rappresenta una cosa mobile, definibile quanto alla sua struttura, alla possibilità di misurarne l’estensione e la capacità di contenere dati, suscettibile di esser trasferito da un luogo ad un altro, anche senza l’intervento di strutture fisiche direttamente apprensibili dall’uomo» (par. 1.7).

Riassumendo, le condotte di appropriazione e sottrazione che abbiano ad oggetto dati informatici sono suscettibili di integrare il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p. in quanto quest’ultimi – nonostante l’immaterialità – sono considerati, alla luce del dictum della Cassazione, alla stregua di “cose mobili” ai fini della legge penale.

 

Roma, 20 Dicembre 2021                                                                                                Avvocato Carlo Zaccagnini

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