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Diritto Penale Fallimentare

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Cass. Pen., Sez. I, 9 marzo 2018, n. 14783
Nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività.

Cass. Pen., Sez. V 6 dicembre 2017 n. 633
Il fallimento determinato da operazioni dolose configura un’eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale; l’onere probatorio dell’accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà della natura dolosa dell’operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell’astratta prevedibilità di tale evento quale effetto dell’azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, la rappresentazione e la volontà dell’evento fallimentare.

Cass. Pen., Sez. V 15 gennaio 2018 n. 3797
Non risponde né di bancarotta fraudolenta distrattiva né di bancarotta preferenziale, il consigliere delegato – poi amministratore unico di s.r.l. – il quale, in presenza di creditori, dispone a proprio favore i pagamenti relativi alle proprie prestazioni professionali, se i diritti di credito non risultano documentati nel procedimento penale.

Cass. Pen., Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 16111
Risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore che, senza autorizzazione degli organi sociali, si ripaghi dei suoi crediti verso la società in dissesto relativi a compensi per il lavoro prestato, prelevando dalla cassa sociale una somma congrua rispetto a tale lavoro.

Cass. Pen., Sez. V,  8 febbraio 2017, n. 13910
Nei reati di bancarotta fraudolenta pre-fallimentare è irrilevante l’accertamento del nesso eziologico e psicologico tra le condotte distruttive poste in essere e la successiva situazione di insolvenza che ha determinato la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto tale pronuncia ha funzione di mera condizione oggettiva di punibilità.

Cass. pen. Sez. V Sent. n. 24059 del 9 giugno 2016
In tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di  bancarotta  fraudolenta  documentale  per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita, in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per le ipotesi di irregolare tenuta della contabilità, in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, è richiesto il dolo generico, nella forma del dolo intenzionale, e non il dolo specifico, che è invece necessario per l’integrazione delle fattispecie di sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri e delle altre scritture contabili, Sez. 5, Sentenza n. 1137 del 17/12/2008 Ud. (dep. 13/01/2009) Rv. 242550; e negli stessi termini Sez. 5, Sentenza n. 17084 del 09/12/2014 Ud.

Cass. Pen. Sez. V Sent. n.18981 del 6 maggio 2016
In merito alla condotta di bancarotta distrattiva, sussiste la responsabilità dell’amministratore di diritto, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con l’amministratore di fatto non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita all’interno della società, ma in ragione della condotta omissiva dallo stesso posta in essere, consistente nel non avere impedito, ex art. 40 c.p., comma 2, l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire e cioè nel mancato esercizio dei poteri di gestione della società e di controllo sull’operato dell’amministratore di fatto, connaturati alla carica rivestita (Sez. 5, Sentenza n. 44826 del 28/05/2014). In tali casi, ad integrare il dolo dell’amministratore formale nel reato commesso dall’amministratore di fatto è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo sia come dolo diretto, che come dolo eventuale (Sez. 5, Sentenza n. 50348 del 22/10/2014).
Quanto alla bancarotta documentale, è indubbia l’esistenza di un obbligo diretto dell’imputato, in qualità di amministratore di diritto, di tenere le scritture contabili in maniera corretta e che, anche a voler ritenere che non sia stato egli ad occuparsi direttamente e specificamente della contabilità, egli violando i suoi precisi obblighi giuridici ha accettato il rischio di una irregolare tenuta, accompagnato dalla consapevolezza che ciò avrebbe eventualmente impedito la ricostruzione del patrimonio della società.
Come rilevato da questa Corte, infatti, in tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa, od irregolare, tenuta delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture (arg. ex Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, Rv. 257950).

Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 15807 del 15 aprile 2016
In punto di responsabilità per i reati fallimentari, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha sempre affermato che l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo dì impedire, essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo distragga, occulti, dissimuli, distrugga o dissipi i beni sociali, la quale non può dedursi dal solo fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore; tuttavia allorché si tratti di soggetto che accetti il ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, la sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) possono risultare sufficienti per l’affermazione della responsabilità penale (Cass., Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015 – dep. 18/02/2015, Fasola, Rv. 262767).

Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 6346 del 16 febbraio 2016
La giurisprudenza di questa Sezione della Corte (v. 11 gennaio 2008 n. 7203 e di poi 19 febbraio 2010 n. 19049) ha, poi, formulato una distinzione in tema di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta, evidenziando il diverso atteggiarsi dei criteri di imputazione di quella patrimoniale e di quella documentale, sotto il profilo soggettivo quando l’amministratore di diritto non sia anche quello effettivo ma risulti affiancato dalla figura dell’amministratore di fatto, eventualmente con esautorazione dei poteri del primo che per questo viene comunemente definito “testa di legno”.
Ebbene, si è opportunamente affermato che, con riguardo alla bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione ovvero per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture.

Cass. Pen., Sez. V, 15-05-2014, n. 24051 in C.E.D. Cass., rv. 260142
I reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (art. 216 e 223, 1º comma, l.fall.) e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, 2º comma, n. 2, l.fall. hanno ambiti diversi: il primo postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari ovvero di occultamento, distruzione o tenuta di libri e scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, atti tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; il secondo concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attività – né si risolvono in un pregiudizio per le verifiche concernenti il patrimonio sociale da operarsi tramite le scritture contabili – ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento; ne consegue che, in relazione ai suddetti reati, mentre è da escludere il concorso formale è, invece, possibile il concorso materiale qualora, oltre ad azioni ricomprese nello specifico schema della bancarotta ex art. 216 l.fall., si siano verificati differenti ed autonomi comportamenti dolosi i quali – concretandosi in abuso o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per l’andamento economico finanziario della società – siano stati causa del fallimento.

Cass. pen., sez. V, 12-11-2013, n. 1706
In tema di concorso in bancarotta fraudolenta documentale, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.

Cass. Pen., Sez. V, 04-06-2014, n. 35093 in CED Cass., rv. 261446
L’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria, di cui agli art. 216 e 223, 1º comma, l.fall., non comprende la previsione ed accettazione del fallimento, ma solo la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alla finalità dell’impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori.

Cass. pen., Sez. V, 17-09-2014, n. 5317 in  C.E.D. Cass., rv. 262225
In tema di reati fallimentari, non sussistono gli estremi costitutivi della bancarotta per dissipazione nel caso di vendita di merce sottocosto, la quale richiede, sotto il profilo oggettivo, l’incoerenza assoluta, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuirne il patrimonio per scopi ad essa estranei.

Cass. Pen., Sez. V, 29-04-2014, n. 23251 in C.E.D. Cass., rv. 262384
In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, 1º comma, n. 2 l.fall.), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poiché in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, 2º comma, l.fall.).

Cass. Pen., Sez. V, 12-11-2014, n. 2809 in C.E.D. Cass., rv. 262589
In tema di reati fallimentari, l’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, ex art. 16 n. 3, 220 l.fall., deve ritenersi assorbita dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, commessa mediante sottrazione del compendio contabile, posto che, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso ad entrambe le figure, di reato, la seconda è più specifica, in ragione dell’elemento soggettivo.

Cass. Pen., Sez. V, 07-03-2014, n. 32352 in C.E.D. Cass., rv. 261938
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ai fini della configurabilità del concorso per omesso impedimento dell’amministratore privo di delega è necessaria la prova della sua concreta conoscenza del fatto pregiudizievole per la società o, quanto meno, di «segnali di allarme» inequivocabili, dai quali è desumibile l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, nonché della volontaria omissione di attivarsi per scongiurarlo.

Cass. Pen., Sez. V, 20-05-2014, n. 40998 in C.E.D. Cass., rv. 262189
Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria prevista dall’art. 223, 2º comma, n. 2 r.d. 16 maggio 1942 n. 267, non interrompono il nesso di causalità tra l’operazione dolosa e l’evento, costituito dal fallimento della società, né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all’art. 41 c.p., né il fatto che l’operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l’aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica ed implica un fenomeno in sé reversibile.

Corte di Cass., sez. V Penale, sentenza n. 20829-2013
In tema di concorso dell’extraneus nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione il dolo consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto all’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale in danno dei creditori, non essendo invece richiesta la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società.

Cass. pen., sez. V, 27-06-2012, n. 39387
Concorre in qualità di extraneus nei reati di bancarotta patrimoniale e documentale il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi o di confusione contabile dell’imprenditore, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi ovvero ancora svolga attività dirette a garantirgli l’impunità o a rafforzarne, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’intento criminoso. In Ced Cass., rv 254319.

Cassazione penale , sez. V, sentenza 29.04.2010 n° 16579
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione e con particolare riguardo alla partecipazione del soggetto non qualificato nel reato proprio dell’amministratore, il DOLO normativamente postulato consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni della classe creditoria non essendo invece richiesta la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società: all’uopo va affermato che ogni atto distrattivo viene ad assumere rilevanza ai sensi dell’art. 216, L. Fall., in caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale, non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa.

Cass. pen., sez. V, 02-10-2009, n. 49642
Integra il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il soggetto che agevoli il titolare della società fallenda nella costituzione di una società di cui assuma l’amministrazione e con cui la prima stipuli un contratto di locazione connotato da un canone sensibilmente inferiore a quelli di mercato al fine di mantenere la disponibilità materiale dell’immobile locato alla famiglia del titolare della società fallenda. in Giust Pen., 2010, II, 342.

Cass. pen., sez. V, 15-02-2008, n. 10742
Integra il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, il consulente della società che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore e degli amministratori della società, concorra all’attività distrattiva posta in essere da questi ultimi progettando e portando ad esecuzione la conclusione di contratti (nella specie, affitto di azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito dei creditori. In Cass. Pen. 2008, 4780.

Cass. pen., sez. V, 12-12-2005
In tema di bancarotta fraudolenta, l’amministratore in carica risponde penalmente dei reati commessi dall’amministratore di fatto, dal punto di vista oggettivo ai sensi dell’art. 40, 2º comma c.p., per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico (art. 2392 c.c.) di impedire, e, dal punto di vista soggettivo, se sia raggiunta la prova che egli aveva la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo distraeva, occultava, dissimulava, distruggeva o dissipava i beni sociali, esponeva o riconosceva passività inesistenti.

Cass. pen., sez. V, 04-11-2004
Sia quando la condotta è punita indifferentemente a titolo di dolo o di colpa (bancarotta semplice), sia nei delitti punibili soltanto a titolo di dolo (bancarotta fraudolenta), l’imprenditore non va esente da responsabilità per aver affidato a un collaboratore o ad un professionista «esterno» le operazioni contabili, dovendosi presumere, fino a positiva prova del contrario, che quest’ultimo abbia agito dando esecuzione alle indicazioni del dominus utilizzando la documentazione dallo stesso fornita. In Giur.it., 2005, 2392.

Cass. Pen., sez. V, 18-11-2003, n. 569
I consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, essendo consapevoli dei propositi distrattivi dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscano consiglio o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolgano attività dirette a garantire l’impunità o suscitino o rafforzino l’altrui proposito col proprio ausilio e con le preventive assicurazioni.
In Cass. Pen., 2004, 1973; in Riv. Dott. Comm.., 2004, 395; in Dir. Prat. Soc., 2004, 65

Cass. Pen., sez. V, 21-10-1988 n.1537
Il commercialista che, nel rendere una consulenza professionale, si spinga oltre l’ambito della sua prestazione e suggerisca al cliente un mezzo fraudolento finalizzato a celarne le reali condizioni economiche, indicando in concreto la via per adottare l’illecito espediente o, addirittura, adottandolo di persona, concorre nel reato di bancarotta fraudolenta consumato avvalendosi di detti suggerimenti. In Il Fisco,1999.

Cass. Pen., Sez. V, 6 novembre 2012, n. 42710
“Nel caso in cui il creditore si identifichi nello stesso soggetto che assume le vesti di amministratore della società, contestualmente responsabile del depauperamento della decozione e delle risorse della stessa, un atto di disposizione patrimoniale che, in costanza dello stato di insolvenza, sia diretto in suo stesso favore assume significato ben diverso e più grave rispetto alla mera volontà di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri.” Fonte: www.ilSole24ore.it

Cass. Pen., 6 dicembre 2012, n. 47502
“Nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, lo stato di insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso, e pertanto deve porsi in rapporto causale con la condotta dell’agente e deve essere altresì sorretto dall’elemento soggettivo di dolo.” Fonte: ilSole24ore.it

Cass. Pen., Sez. V, 5 aprile 2012, n. 12974
1. “La disciplina speciale sul concorso di reati prevista dalla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, si applica sia nel caso di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta, che in quello di commissione di più fatti tra quelli previsti dagli artt. 216 e 217 della stessa legge.
2. Nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dalla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 c.p.
3. Nel giudizio di appello, in applicazione del disposto normativo di cui all’art. 597, comma quarto, c.p.p., se tra più ipotesi di reato unificate nel vincolo della continuazione, viene eliminata taluna di esse, su appello del solo imputato, il giudice è tenuto a diminuire conseguentemente la pena. Di conseguenza, qualora talune ipotesi di reato siano state espunte a vario titolo dal novero di quelle il cui numero e gravità hanno costituito i presupposti per la valutazione del relativo trattamento sanzionatorio, il giudice dell’appello è tenuto a congruamente motivare, con argomenti convincenti sul piano logico, la ragione per la quale la decisione liberatoria non possa valere a modificare in melius il trattamento sanzionatorio, discendendone, in caso contrario, la illegittimità della pronuncia adottata”. Fonte: www.neldiritto.it

Cass. Pen., Sez. V, 14 dicembre 2012, n.3229
“La disciplina speciale sul concorso di reati prevista dall’art. 219, comma 2, della legge fallimentare si applica anche alle ipotesi di bancarotta impropria.
Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo, cosicché per la sua sussistenza non è necessaria la prova che la condotta abbia causato un effettivo pregiudizio ai creditori. Elemento che, invero, rileva esclusivamente ai fini dell’eventuale configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 219 della legge fallimentare”. Fonte: www.avvocatopenalista.org