Il D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della l. 134/2021 (hinc la Riforma Cartabia), recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, ha modificato la regola di giudizio dell’art. 425, comma 3, c.p.p., per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere.
La disposizione in parola, nella sua vecchia formulazione, consentiva al GUP di rigettare la domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero quando riteneva gli elementi di prova acquisiti fossero «insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio»; in altre parole, il GUP doveva limitarsi a verificare se il dibattimento avrebbe potuto offrire prove idonee a sostenere l’accusa formulata.
Tale metro di valutazione ha fatto sì che l’udienza preliminare perdesse il proprio ruolo di “udienza filtro” tra la fase investigativa e quella istruttoria.
La Riforma Cartabia, perseguendo l’obiettivo di filtrare le notizie di reato infondate da quelle meritevoli di vaglio dibattimentale, ha introdotto un nuovo canone di giudizio, stabilendo che il giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche «quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna».
Trattasi, come è evidente, di un nuovo parametro di valutazione, che si affianca a quelli dettati dall’art. 425 commi 1 e 2 c.p.p., ed è destinato ad operare nei casi in cui il giudice sia chiamato pronunciarsi su un’ipotesi accusatoria “non palesemente destituita di fondamento e che non implichi, comunque, l’applicazione di una misura di sicurezza personale ” (MENNA, L’inquadramento della regola di giudizio del non luogo a procedere tra passato e presente dell’udienza preliminare, in Archivio Penale, 2023). In altre parole, è demandata al GUP un’anticipazione del giudizio di responsabilità e di punibilità dell’imputato, obbligandolo inevitabilmente a confrontarsi anche con la regola dell’« oltre ogni ragionevole dubbio » stabilita dall’art. 533 comma 1 c.p.p. (DELLA MONICA, Il filtro della ragionevole previsione di condanna, in Archivio Penale, 2023, p. 15).
La nuova regola di giudizio non è però inedita in quanto ripropone una locuzione già in passato utilizzata dalla giurisprudenza per delineare il canone di valutazione che doveva sottendere al passaggio della udienza preliminare alla fase dibattimentale: “il rinvio a giudizio implica la concreta prevedibilità di colpevolezza che integra i gravi indizi necessari per l’applicazione di misure cautelari” (Cass. Pen., SS. UU., 25 ottobre 1995, n. 38 in italgiureweb.it).
L’espressione adoperata dalla Riforma pare sovrapponibile, nel significato e nello scopo deflattivo perseguito, a quella formulata dai giudici di legittimità.
La scelta semantica operata dal legislatore di utilizzare l’aggettivo “ragionevole” palesa, inoltre, la volontà di imporre la formulazione di una prognosi “plausibile” e “concreta” sulla futura affermazione di responsabilità dell’imputato, assimilabile, seppur non totalmente sovrapponibile, a quella stabilita ex art. 533, comma 1, c.p.p.. La nuova regola decisoria, infatti, mantenendo una connotazione essenzialmente prognostica, sposta il fulcro della valutazione sulla sostenibilità dell’azione penale verso i possibili risultati dell’azione stessa imponendo al GUP “di fare corretto esercizio del potere di prognosi riguardo agli eventuali sviluppi della fase processuale ” (Cass. Pen., Sez. V, 14 settembre 2016, n. 54957, in italgiureweb.it). Quest’ultimo, invero, “deve accertare che il quadro probatorio non sia suscettibile di implementazione dibattimentale attraverso l’acquisizione di nuovi elementi probatori o di una possibile diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito ” (Cass. Pen., Sez. IV, 18 febbraio 2016, n. 19179, in italgiureweb.it).
Stante la suddetta ricostruzione, è indubbio che la nuova regola di giudizio si ispiri alla teoria della condanna probabile, che evoca necessariamente un giudizio di natura probabilistica del “più probabile che non” (INTRIERI – VIOLA, Ragionevole previsione di condanna e giustizia predittiva: una modesta proposta per la riforma dell’art. 425 c.p.p., in www.giustiziainsieme.it). In altre parole, il GUP deve effettuare una prognosi applicando il principio dell’”oltre ogni ragionevole dubbio” (e non accertare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio).
Alla luce di quanto detto, è evidente che, grazie alla Riforma, il GUP ha assunto ruolo di maggiore pregnanza nella valutazione dell’impianto accusatorio: il legislatore ha voluto allargare ulteriormente le maglie dell’udienza preliminare, per rafforzare la sua funzione di filtro e addivenire ad un’effettiva riduzione del carico giudiziario.