Commento sentenza Cass. 26355 del 15 luglio 2025
Con la sentenza in commento, la Cassazione è tornata a pronunciarsi in ordine al rapporto di specialità tra il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato ex art. 640, commi 1 e 2, n. 1, c.p. e gli illeciti tributari ex D.lgs.vo n. 74 del 2000 (hinc, “il Decreto”).
Nella fattispecie, il G.i.p. aveva disposto sequestro preventivo, ritenendo sussistente fumus del delitto di truffa ai danni dello Stato, per aver l’indagato indicato nelle dichiarazioni fiscali elementi fittizi, inducendo così in errore l’amministrazione finanziaria ed ottenendo dall’Erario rimborsi relativi a crediti di imposta inesistenti. Il Tribunale del Riesame annullava il sequestro : la contestazione provvisoria di truffa era riqualificata nel delitto di dichiarazione infedele ex art. 4 del Decreto, reato per il quale non era stata raggiunta la soglia di punibilità, con conseguente insussistenza del fumus commissi delicti.
Gli Ermellini rigettavano il ricorso presentato dalla Procura e confermavano la decisione del Tribunale della Libertà, applicando il granitico principio esegetico concernente i rapporti tra delitto ex art. 640, commi 1 e 2, n. 1, c.p. e delitti di utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti (artt. 2 e 8, del Decreto). Secondo tale principio “qualsiasi condotta fraudolenta diretta all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale tributaria, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale” (Cass. Pen., SS.UU., n. 1235, del 28 ottobre 2010, Giordano).
La Suprema Corte tracciava linea di demarcazione tra l’alveo applicativo delle fattispecie a connotazione truffaldina e le norme penal-tributarie : nel caso in cui il profitto avuto di mira dall’agente coincida con quello di carattere fiscale, in ossequio all’art. 15 c.p., la disciplina generale della truffa ai danni dello Stato lascia spazio alle norme incriminatrici previste dal Decreto.