La Legge n. 67 del 28 aprile 2014 ha introdotto la sospensione del procedimento con messa alla prova per gli adulti (hinc “M.A.P.”), art. 168 bis c.p., tra le modalità di definizione del procedimento penale; l’istituto è applicabile alle fattispecie punite con pena base non superiore nel massimo a quattro anni di reclusione e a quelle elencate dall’art. 550 comma 2 c.p.p., i casi di citazione diretta a giudizio.
Sulle modalità di applicazione dell’istituto si sono contrapposti due orientamenti esegetici, che hanno affrontato la seguente questione: se l’art. 168 bis c.p. possa comunque applicarsi nel caso in cui sia contestata circostanza aggravante ad effetto speciale, autonoma o indipendente, che elevi il massimo edittale al di sopra del limite di quattro anni. Il contrasto ha dunque ad oggetto l’interpretazione del primo comma dell’articolo e, dunque, i requisiti quantitativi e qualitativi della messa alla prova. In particolare:
1.Secondo il primo orientamento, per accedere alla M.A.P., ai fini della determinazione del limite edittale della pena, occorre tenere conto delle aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella base del reato (c.d. aggravanti autonome) e di quelle ad effetto speciale: il rinvio che l’art. 168 bisp. fa al comma secondo dell’art. 550 c.p.p., che espressamente richiama fattispecie di reato aggravate, spiega la ratio di questa esegesi.
2.L’opposto orientamento fornisce ricostruzione più aderente al dato normativo, valorizzando l’assenza, nel corpo dell’art. 168 bisp., di qualsiasi riferimento all’incidenza delle aggravanti. In base a questa interpretazione, il giudice deve tenere conto della sola pena edittale prevista per il reato base, senza prendere in considerazione le circostanze aggravanti.
Le Sezioni Unite, con sentenza n. 36272 del 2016, hanno risolto il contrasto, aderendo al secondo orientamento e formulando il seguente principio di diritto: “per l’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art. 168 bis cod. pen. alla pena edittale non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tale fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena diversa da quella ordinaria del reato”.
La Corte, in particolare, ha chiarito che con il richiamo al secondo comma dell’art. 550 c.p.p. il legislatore ha inteso individuare altre fattispecie per le quali è ammessa la sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché escludere il rilievo delle circostanze aggravanti : nella categoria di reati elencati dall’art. 550, comma II, c.p.p. sono infatti ricomprese anche fattispecie aggravate, come ad es. il furto aggravato ex art. 625 c.p. che, nel caso in cui ricorrano più circostanze, può essere punito con la reclusione fino a dieci anni.
La soluzione che sostiene l’irrilevanza delle fattispecie aggravanti, pertanto, è confermata non solo dal dato letterale dell’art. 168 bis c.p., ma anche da un’interpretazione sistematica coerente con il tenore dell’art. 550 c.p.p..