Ordinanza di imputazione coatta in esito alla richiesta di archiviazione: il Pubblico Ministero è vincolato alle indicazioni del G.i.p. nella formulazione dell’imputazione?
La norma che disciplina l’Ordinanza di imputazione coatta (hinc “ l’Ordinanza”), art. 409 comma 5 c.p., presenta una formulazione eccessivamente generica che ha imposto a dottrina e giurisprudenza il non semplice compito di individuarne l’esatta portata. Interrogativo dirimente nell’analisi della norma in parola riguarda i poteri del Pubblico Ministero nella formulazione dell’imputazione: nel delineare il contenuto dell’addebito l’organo Inquirente gode dei consueti margini di libertà operativo o è del tutto vincolato alle indicazioni del G.i.p.?
La questione, che esige l’esatta individuazione delle prerogative funzionali spettanti rispettivamente al G.i.p. e al P.M., è stata affrontata sia in dottrina sia dalla giurisprudenza. In particolare, sono state prospettate al riguardo tre soluzioni:
1) un primo orientamento definisce l’Imputazione coatta un provvedimento composito, formulato “a quattro mani”; il concreto promovimento dell’azione penale è posto in essere tanto dall’accusa quanto dall’organo di controllo, esercitando funzioni tra loro diverse, ma connesse e consequenziali: in primo luogo, il G.i.p. dà impulso all’imputazione con l’Ordinanza e successivamente l’Inquirente la formula e la trasmette al giudice affinché questi la renda operativa con l’emissione del decreto che fissa l’udienza preliminare. Secondo tale tesi il Giudice avvalendosi del potere di sindacare la qualificazione giuridica del fatto forza l’Inquirente ad adempiere in forma partecipata all’Ordinanza; il Pubblico Ministero è tenuto a formulare l’imputazione secondo i suggerimenti del Gip, definendo la fisionomia dell’atto accusatorio seguendo le indicazioni ricevute[1].
2) una seconda linea esegetica , invece, attribuisce in via esclusiva all’organo giurisdizionale il compito formulare l’imputazione; secondo tale orientamento mediante l’Ordinanza il G.i.p. individua in modo preciso e completo gli addebiti che con l’imputazione devono essere mossi nei confronti della persona sottoposta alle indagini. Il Giudice ha il potere di enunciare l’addebito da contestare, salvo poi avvalersi di un vero e proprio ius corrigendi nei confronti dell’Inquirenti che si discosti dalle indicazioni impartite. Tale tesi, tuttavia,finirebbe col porre in contrasto la disciplina predisposta dal “codice Vassalli” con i principi del processo accusatorio e determinerebbe dubbi circa la legittimità costituzionale dell’istituto;
3) secondo terzo orientamento l’imputazione è compito di pertinenza esclusiva del P.M., nei cui confronti il Gip esercita una funzione prima sollecitatoria, e poi meramente notarile. Tale tesi salvaguarda l’autonomina del P.M. nella determinazione dei contenuti dell’azione penale[2].
La terza soluzione appare quella meritevole di maggior credito in quanto meglio si armonizza con il sistema accusatorio realizzato dal codice vigente. Sul punto la Corte Costituzionale ha stabilito che : «al giudice per le indagini preliminari è demandato solo l’atto d’impulso, che non fuoriesce dalla funzione di controllo, mentre il concreto promovimento dell’azione, che si esplica nella formulazione dell’imputazione (art. 405), resta di competenza del pubblico ministero, nessuna commistione insomma “ tra le due funzioni di iniziativa e di controllo , dato che l’essenza di quest’ultima non sta nell’individuazione dell’imputazione , bensì nell’accertamento della necessità di procedere” [3].
[1] Cass. Pen. Sez. IV 16 aprile 2003, in Mass. Uff. 226804.
[2] Tonini, Manuale di Procedura penale, 2012.
[3] Corte Costituzionale Sent. n. 263 del 1991, in Bonilini, Confortini, Codice di procedura penale commentato.,2012, pag. 2614.