OBBLIGO DELLA DICHIARAZIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DELLA SOCIETÀ.
CONSIGLIO DI AMIMNISTRAZIONE: SU QUALE AMMINISTRATORE INCOMBE L’ONERE DELLA PRESENTAZIONE?
COME DIFENDERSI?
Una società a responsabilità limitata ha quale organo gestorio un consiglio di amministrazione. Il consiglio è composto da tre amministratori : A, amministratore delegato e legale rappresentante dell’impresa, B, amministratore delegato e C, amministratore privo di poteri di delega. L’amministratore B, seppur in possesso di delega, non detiene funzioni o competenze di natura contabile. Nessuno dei tre membri del consiglio di amministrazione provvede a presentare la dichiarazione IRES della società entro il termine previsto dalla legge. Gli organi inquirenti notificano a B avviso ex art. 415 bis c.p.p. contestandogli il delitto di omessa dichiarazione ex art. 5 D. Lgs.vo n. 74/2000.
COME DIFENDERSI?
La materialità del contestato delitto si perfeziona ove l’agente “non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni” relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto; essendo delitto proprio, destinatario del rimprovero penale è unicamente chi, in forza di obbligo giuridico, è tenuto alla presentazione della dichiarazione relativa alla imposta; quell’obbligo non gravava sull’Amministratore B bensì sul legale rappresentante della Società, ovvero l’Amministratore A: “la dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale” (Art. 1, D.P.R., 22 luglio 1998, n. 322); “l’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità.” (Cass. Penale, Sez. III, 18.6. 2015 n. 37856, liberamente consultabile sul sito www.jusexplorer.it). Né la configurabilità di responsabilità in capo all’Amministratore B può essere derivata dal combinato disposto dell’art. 40, capoverso, c.p. e artt. 2381 e 2392 cod. civ.. La prima norma civilistica impone l’agire informato in capo agli amministratori di società; la seconda di adempiere ai propri doveri con diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalla loro specifiche competenze. La violazione dell’obbligo di vigilanza ex art. 2392, II comma, c.c. [1] non può essere eretta a fondamento della responsabilità penale di B : “la riforma […] portata dal d.lg. 6/2003, ha […] rimosso il generale “obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione aziendale [in capo agli amministratori privi di deleghe o con deleghe circoscritte ] ”; “resta invocabile la disciplina di cui all’art. 40, 2° comma, c.p. nel caso in cui un amministratore di società, a conoscenza di reati in itinere […] e pregiudizievoli per l’ente amministrato, non abbia fatto, […] quanto poteva per impedirne il compimento”. Nel caso de quo l’amministratore B non poteva aver conoscenza della commissione del reato in itinere – omessa dichiarazione – poiché questo è un delitto omissivo istantaneo, che si perfeziona solo nel momento in cui si verifica l’omissione. Nella sfera di competenza – e conoscenza – del Sig. B non rientrava alcuna mansione, competenza o potere contabile-fiscale : lo schema dei poteri di deleghe adottate dal C.d.A. descritte supra non residua dubbi al riguardo; era preclusa infatti al manager B qualsiasi forma di intervento in sostituzione del titolare dell’obbligo di presentazione della dichiarazione d’imposta.
Sulla scorta delle predette argomentazioni, il difensore dovrà insistere nelle singole fasi processuali per escludere la responsabilità penale dell’Amministratore B, non essendo egli titolare dell’obbligo di presentazione della dichiarazione, non rientrando nelle proprie competenze alcuna mansione di natura contabile ed essendo privo di poteri impeditivi o d’intervento ; invero lo stesso non ricopriva allora alcuna posizione di garanzia rispetto al bene giuridico tutelato.
[1] A mente del quale “Gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell’art. 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”.