Studio Legale Carlo Zaccagnini - Roma e Milano
  >    >  Confisca preventiva disposta dalla DIA. Revoca.

La confisca preventiva per sproporzione tra il reddito dichiarato ed il patrimonio effettivamente esistente, disposta dalla DIA, può essere revocata qualora il bene confiscato fosse stato oggetto di una simulazione?

1. Evoluzione storica della confisca.

La misura patrimoniale di sicurezza della confisca dei beni di provenienza illecita nella disponibilità del condannato per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., prevista dall’art. 24 della L. 646/1982, e la misura patrimoniale di prevenzione della confisca dei beni dell’indiziato di appartenenza di tipo mafioso, introdotta all’art. 2-ter della L. 575/1965, furono il fulcro iniziale sul quale andò in origine a posarsi la risposta dello Stato all’accumulazione capitalistica mafiosa.

In seguito a vari interventi normativi venne approvato il D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (c.d. decreto-legge Scotti-Martelli), convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356.

L’art. 12-quinquies, comma 2, di tale decreto-legge prevedeva la misura patrimoniale di sicurezza della confisca obbligatoria dei valori ingiustificatamente posseduti da parte delle persone condannate o “patteggianti” per i delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, usura, ricettazione di non lieve entità, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, associazione finalizzata alla commissione di delitti in materia

di sostanze stupefacenti, produzione e traffico illeciti di non lieve entità di sostanze stupefacenti, contrabbando aggravato, finendo così con lo spostare su tale confisca-misura di sicurezza patrimoniale e sul processo penale il maggior peso della lotta contro le ricchezze di provenienza illecita.

Tuttavia, dopo che detto articolo venne dichiarato costituzionalmente illegittimo da parte della Corte Costituzionale [1] con la sentenza n. 48 del febbraio 1994, fu introdotto in sua sostituzione con D.L. n. 399 del 20 giugno 1994 convertito con modificazioni dalla legge 501 del 1994 l’art. 12 sexies.

Il legislatore quindi, ispirato dalle stesse ragioni di politica criminale dell’art. 12 quinquies, ha introdotto, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, l’art. 12 sexies, con cui si è voluto intaccare attraverso una misura di carattere patrimoniale le grandi ricchezze illecitamente accumulate, anche per interposta persona, dalla criminalità organizzata.

L’art. 12 sexies non è più una fattispecie incriminatrice ma una misura di carattere patrimoniale, ossia una confisca di patrimoni derivanti da comportamenti che non sono affatto quelli dell’imputazione, poiché la confisca di ciò che costituisce prezzo, prodotto, profitto, mezzo di tale reato, è già prevista dall’art. 240 c.p. Quindi la novità consiste nell’introdurre un’altra tipologia di confisca di ricchezze provenienti da altri comportamenti; la dottrina ha, non a caso, parlato di sanzione senza reato.

 

2. Applicazioni giurisprudenziali.

Di recente la Corte di Cassazione si è pronunciata proprio riguardo il rapporto tra il reato e i beni sottoponibili a confisca allargata. Essa ha affermato che il sequestro preventivo e la successiva confisca dei beni patrimoniali previsti dall’articolo 12 sexies non sono subordinati all’accertamento di un “nesso eziologico” tra i reati tassativamente enunciati nella norma di riferimento e i beni oggetto della cautela reale e del successivo provvedimento ablatorio, dal momento che il legislatore ha operato una presunzione di accumulazione senza distinguere se tali beni siano o meno derivati dal reato per il quale si procede o è stata inflitta la condanna. Ne consegue che non è necessaria la sussistenza del “nesso di pertinenzialità” tra i beni e i reati ascritti al soggetto, bensì occorre la sussistenza di un vincolo, di significato peculiare e più ampio, tra il bene e l’attività delittuosa facente capo al soggetto, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del patrimonio nel possesso del soggetto.

Tuttavia, è stato introdotto recentemente, dalla giurisprudenza della Suprema Corte, l’importantissimo principio: per dimostrare il carattere fittizio dell’intestazione a terzo la giurisdizione non può più ricorrere alla presunzione, di carattere relativo, fondata sulla sproporzione dei valori posseduti. Una tale presunzione è rimasta invariata solo nei riguardi del soggetto imputato (in caso di sequestro), ovvero condannato (per la confisca) ma mai nei confronti del terzo (Cass. Sez. I, 8 novembre 2012, n. 43221).

Una volta confermata la confisca di cui in parola, poniamo il caso che essa sia intervenuta su un bene solo apparentemente appartenente a quel soggetto per via, si faccia l’esempio, di un contratto simulato.

Orbene significativa a riguardo appare la sentenza della Cass. pen., Sez. VI, 13 gennaio 2000, n. 220.

Ai sensi dell’art. 2 ter l. 31 maggio 1965 n. 575, non può essere sottoposta a misura di prevenzione patrimoniale un’autovettura se questa non sia più in possesso nè nella disponibilità diretta o indiretta del proposto alla misura [2] .

Inoltre, è ricavabile dallo studio dell’istituto civilistico della simulazione, come lo Stato che pone in essere la confisca, sia da considerarsi come un terzo che in buona fede abbia acquistato il bene oggetto del contratto simulato: per il principio dell’ “affidamento” in capo ai terzi in buona fede, quanto da questi acquistato, pur se dal titolare fittizio del bene, resta nella loro signoria.

Qualora lo Stato, invece, fosse venuto a conoscenza della natura simulata del contratto che attiene al bene, e nonostante ciò, avesse completato la confisca, allora in tal caso sarebbe giusto affermare la possibilità di una revoca.

Revoca che per completezza della trattazione, può essere disposta ai sensi dell’art. 7 della l. 1423/56 anche allorché venga dimostrata l’insussistenza del presupposto originario ( affiliazione del proposto alla criminalità organizzata ) che ha generato la misura ablatoria nei confronti del proposto medesimo. ( Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2006, n. 57).

Decisiva ai fine della presente trattazione appare però Cass., Sez. I, 28 gennaio 2008, n. 8775. Questa sentenza risulta preziosa sia per la massima, sia per la mirabile ricostruzione storico-giurisprudenziale riguardante la revocabilità o meno della misura preventiva. Ne esponiamo alcuni brani significativi, i quali lumeggiano una volta per tutte sulla possibilità di poter ottenere una revoca del provvedimento confiscatorio per quei soggetti che si siano visti spogliare di un diritto reale solo fittiziamente trasferito in capo ad un terzo. Massime e considerazioni che si estendono anche alla simulazione:

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, qualora sia stata ordinata la confisca di un’azienda ceduta al proposto mediante una vendita a rate con patto di riservato dominio, l’effetto ablativo resta limitato al diritto che spettava all’acquirente. Ne consegue che il venditore può proporre incidente di esecuzione davanti al giudice penale per ottenere l’accertamento della buona fede, che esclude l’estinzione del diritto, e quindi far valere davanti al giudice civile le proprie pretese nei confronti dello Stato, subentrato al proposto per il mancato pagamento del prezzo”. Ancora, all’interno della parte motiva “Il Tribunale ha quindi escluso che lo Stato, in sede di confisca dei beni del soggetto indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, potesse conseguire un diritto maggiore e più ampio rispetto a quello sottoposto a sequestro, in origine facente parte del destinatario del provvedimento, posto che un soggetto terzo, estraneo alle esigenze sottostanti alla misura di prevenzione, non poteva essere privato di diritti legittimamente acquisiti, ma che peraltro nell’incidente di esecuzione in sede penale fosse possibile, per il terzo, ottenere soltanto il riconoscimento della eventuale buona fede, quale adempimento necessario per potere poi esercitare l’azione per il soddisfacimento dei suoi diritti nei confronti dello Stato, successore a titolo particolare, in linea con il costante orientamento giurisprudenziale dell’acquisto a titolo derivativo;nel caso in cui il terzo possa dimostrare direttamente ed indiscutibilmente il proprio diritto di proprietà legittima ed esclusiva sul bene sequestrato o confiscato sull’erroneo presupposto che appartenesse all’indiziato, l’attuale arresto giurisprudenziale, dopo alterne vicende, consente in linea di massima di richiedere al giudice penale – sia in sede di giudizio di prevenzione, in occasione del quale il terzo deve essere citato ad intervenire, sia successivamente, in sede di incidente di esecuzione, qualora il terzo non sia stato citato nel precedente procedimento – l’accertamento della proprietà dell’immobile in capo al terzo di buona fede, con la conseguente revoca della misura di prevenzione patrimoniale, mentre, nel caso invece di diritti reali limitati, con scissione delle facoltà nell’ambito del diritto di proprietà, ovvero di diritti sottoposti a limitazioni o a condizioni, in genere la giurisprudenza riconosce la legittimazione del terzo ad intervenire nel giudizio di prevenzione ovvero, in alternativa, a proporre incidente di esecuzione, ma esclude poi il potere del giudice penale di accertare la sussistenza e l’ambito di applicazione dei diritti “in re aliena” o comunque dei diritti reali limitati, ritenendo trattarsi di questione civilistica che deve essere proposta davanti al giudice competente per la risoluzione delle controversie civili”.

[1] La Corte, in primis, ha rilevato la violazione del principio di non colpevolezza di cui all’art. 27 della Costituzione, poiché l’essere indiziati per taluni reati non può automaticamente significare che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato sia frutto di attività illecita e, non può quindi costituire una fattispecie incriminatrice. Ulteriore aspetto rilevato dalla Corte riguarda l’onere della prova, che in questa fattispecie risultava di fatto a carico dell’imputato, il quale doveva dimostrare la legittima provenienza del patrimonio incriminato.

[2] Nel caso, il mezzo, intestato alla moglie del proposto, era stato consegnato, per la vendita, con rilascio di procura irrevocabile a vendere, a una ditta privata concessionaria di automobili, e il provvedimento con il quale era stata disposta la misura era stato annotato al Pra dopo tale consegna; la Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, col quale il tribunale, quale giudice dell’esecuzione, aveva rigettato l’istanza di dichiarazione di inefficacia del decreto di sequestro e di quello successivo di confisca, ordinando la restituzione dell’autovettura in favore del ricorrente, avente causa.

Roma, 5 Gennaio 2020                                                                                    Avvocato Carlo Zaccagnini

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