In diritto civile si distingue il dolo come vizio del consenso e il dolo come elemento psicologico del fatto illecito o dell’inadempimento di un’obbligazione.
Il dolo come vizio del volere è disciplinato dagli articoli 1439 e 1440 del Codice Civile e può essere causa di annullamento di un contratto quando concorrono i seguenti elementi:
1) un raggiro o artificio, ossia un’azione idonea a trarre in inganno la vittima (ad esempio, presentare una falsa licenza di costruzione per indurre la controparte a ritenere edificabile un terreno ed a decidere, pertanto, di acquistarlo);
2) l’errore del raggirato;
3) la provenienza dell’inganno dalla controparte.
Tale dolo è definito determinante e si caratterizza per aver determinato la vittima a stipulare un atto che se non fosse stata ingannata non avrebbe concluso; da tale figura si distingue il dolo incidente che si limita ad incidere sulle condizioni contrattuali. L’inganno in questo secondo caso gioca un ruolo sul complessivo regolamento negoziale, in quanto se non fosse stata indotta in errore, la parte raggirata avrebbe concluso il contratto a condizioni diverse e più vantaggiose.
Il dolo incidente, salvo eccezioni (ad esempio in materia di contratto di assicurazione), non determina l’invalidità del negozio, ma il contraente in mala fede risponde dei danni.
Dal dolo inganno si distingue il dolo psicologico, figura che si incontra non solo nel diritto penale (art. 43 Codice Penale), ma nello stesso campo del diritto civile come elemento soggettivo del fatto illecito (art. 2043 Codice Civile: “ Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”) o dell’inadempimento di un’obbligazione (art. 1225 Codice Civile: “Se l’inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione”).
Il dolo, come elemento intenzionale dell’illecito, non indica un particolare tipo d’azione, un fatto che si verifica nel mondo esterno, ma costituisce un elemento psicologico, ossia l’intenzione dell’agente di realizzare un determinato risultato.
La nozione di dolo come elemento soggettivo è mutuata dal diritto penale; nel diritto penale la nozione di dolo è fornita dall’articolo 43 del Codice Penale, il quale al primo comma stabilisce che il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso e pericoloso, che è il risultato dell’azione o dell’omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione.
Da questa definizione si desume che a costituire il dolo concorrono due elementi: la rappresentazione, cioè la visione anticipata del fatto ( momento conoscitivo), la risoluzione, seguita da uno sforzo del volere diretto alla realizzazione del fatto ( momento volitivo).