La giurisprudenza nazionale esclude facoltà di investigazione difensiva all’estero.
“In relazione alla inutilizzabilità delle investigazioni difensive, deve rilevarsi che la stessa discende dai principi generali del codice di procedura penale e, pur non essendo esplicitamente affermato che il difensore non può recarsi all’estero a svolgere dette investigazioni, discende dall’ordinamento tale divieto, essendo evidente che, ai fini dell’utilizzabilità di atti compiuti all’estero, per tutte le parti processuali, deve essere esperita la procedura prevista dal codice in materia di rogatorie. Poiché non è prevista la possibilità per il difensore di ricorrere alla rogatoria all’estero, ne discende che tale tipo di atto non è esperibile dal difensore mediante la disciplina prevista dall’art. 391 bis cpp ed egli ha l’obbligo di passare attraverso la richiesta al PM o al GIP, affinché costoro attivino la procedura della rogatoria internazionale. D’altronde, tramite le indagini difensive non è esperibile ogni tipo di atto: il legislatore ha limitato l’oggetto delle indagini all’assunzione di dichiarazioni, alla richiesta di documentazione, all’accesso ai luoghi, ma ad esempio non ha previsto la possibilità di effettuare accertamenti tecnici irripetibili, in relazione ai quali il difensore ha l’obbligo di inoltrare richiesta al PM” (Cass. Pen. Sez. I, 19 giugno 2007, n. 23967, Kaneva, in Cass. Pen., 2008, p. 4707).
È ritenuto unico mezzo atto allo scopo, idoneo ad evitare questioni sulla utilizzabilità delle prove raccolte all’estero, quello della rogatoria (artt. 723 ss. c.p.p.). Tuttavia :
– La procedura rogatoriale può essere attivata solo dai Giudici e dall’Organo Inquirente, per il tramite del Ministro di Grazia e Giustizia, attesa la previsione di cui all’art. 727, primo comma, c.p.p.
– Ciò implica che il difensore che vuole raccogliere una prova all’estero, al fine di preservarne l’utilizzabilità in sede giurisdizionale italiana, deve avanzare apposita istanza di attivazione della procedura rogatoriale all’Autorità Giudiziaria o all’Inquirente, con le seguenti conseguenze : (i) la Procura viene a conoscenza ante causam della strategia difensiva seguita dal difensore ; (ii) l’Autorità Giudiziaria e l’Inquirente, conservando potere discrezionale insindacabile sull’opportunità di attivare la procedura, potrebbero respingere la richiesta formulata dalla difesa, di fatti impendendo l’assunzione di una prova ed il suo futuro ingresso nel procedimento penale italiano : il pubblico ministero non è obbligato in senso proprio a svolgere attività d’indagine a favore dell’indagato ed un’eventuale richiesta di incidente probatorio formulata al Giudice è soggetta a limiti più forti di quelli nazionali.
La dottrina [1] , difendendo il principio di parità delle armi tra accusa e difesa come base del principio del contraddittorio affermato dall’art. 111 Cost., ritiene insostenibile la conclusione raggiunta dalla giurisprudenza di legittimità : dall’art. 729 c.p.p. non si deduce un divieto implicito di ricerca difensiva di prove pro reo al di fuori della rogatoria. La rogatoria, difatti, si rende necessaria quando un soggetto pubblico proceda ad attività d’ufficio oltre i confini nazionali, ed è questo quello che regola espressamente, non quando ad agire sia il difensore nell’esercizio delle proprie indagini.
Conclusione che non muta neppure se si aderisce a quell’orientamento esegetico che attribuisce natura di atto pubblico del verbale delle indagini redatto dal difensore ; quest’ultimo non agisce quale manifestazione del potere statale, bensì come soggetto privato, pertanto non è inquadrabile in una funzione giudiziaria sottoposta alla rogatoria.
Nulla quaestio, pertanto, sul diritto all’indagine difensiva all’estero : il difensore può individuare extra moenia persone che riferiscano circostanze utili e può conferire con le stesse per valutarne l’utilità a scopi difensivi, in sostanza può compiere il colloquio esplorativo ex art. 391 bis c.p.p. non documentato.
Il problema che si pone è legato all’utilizzabilità del dato probatorio raccolto. Ad avviso della dottrina, il risultato dell’investigazione sarebbe utilizzabile sulla scorta delle disposizioni:
– 512 bis c.p.p. : indirettamente si può desumere, sebbene l’art. 391 decies c.p.p. non vi faccia riferimento, che, potendosi dare lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero “anche” (ma non solo) a seguito di rogatoria, il difensore le possa raccogliere e quindi indagare ultra fine;
– 431 c.p.p. : lascia intendere che vi sono atti allogeni acquisiti o ancora da assumere, acquisibili o partecipati dalla difesa anche in forma di prove dichiarative. La lettera f) consente l’ingresso nel fascicolo per il dibattimento di atti diversi (da quelli indicati alla lettera d) della disposizione), assunti all’estero a seguito di rogatoria ai quali il difensore è stato posto in grado di assistere e di esercitare le facoltà consentitegli dalla legge italiana, compresi quelli delle indagini difensive.
Si segnalano, comunque, precedenti di ricorso e utilizzo giudiziale di un ‘affidavit‘ raccolto da un notaio all’estero, in cui erano riportate le dichiarazioni di una persona informata sui fatti.
ORDINE EUROPEO DI INDAGINE PENALE ED INVESTIGAZIONI DIFENSIVE
Il fattore innovativo introdotto nell’art. 1 par. 3 Direttiva 2014/41/UE, in vigore dal 22 maggio 2017, consiste nel riconoscimento formale anche al difensore della legittimazione a richiedere l’emissione di un ordine di indagine (OEI) “nel quadro dei diritti della difesa applicabili conformemente al diritto e alla procedura penale nazionale”. Con dei limiti :
– soggettivi: il difensore che può richiedere un OEI è solo il difensore dell’indagato/imputato, non quello delle altre parti private o di altri soggetti interessati all’esito del processo (es. la vittima, in controtendenza con le ultime direttive europee)
– oggettivi: al difensore è riconosciuto solo un accesso all’OEI mediato dall’autorità giudiziaria che assume in tal senso una decisione insindacabile di cui è lasciata traccia nel fascicolo (art. 31). Al contrario, il pubblico ministero conserva un accesso diretto alla procedura, con conseguente accentuazione della disparità di trattamento.
Di fatto, tuttavia, nulla muta rispetto alla disciplina della rogatoria.
CONCLUSIONI
Lo stato dell’arte in materia di investigazioni difensive all’estero riconosce un astratto diritto a compiere le stesse, conservando problemi controversi di utilizzabilità dei risultati conseguiti.
Problema di utilizzabilità che potrebbe essere superato in via interpretativa attraverso una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 512 bis e 431 c.p.p. ovvero attraverso la sottoposizione di una questione di legittimità alla Corte costituzionale sull’art. 391 bis c.p.p. per violazione degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, sullo sfondo dell’enunciato principio di parità tra accusa e difesa nel contraddittorio, nella parte in cui non prevede che il difensore possa svolgere le attività difensive ultra fines conservando l’utilizzabilità nel territorio italiano dei risultati acquisiti.
[1] Cfr. grifantini, Ordine europeo di indagine penale e investigazioni difensive, Proc. pen. e giust., 2016, n. 6, pag. 4, nota 10.