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Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture inesistenti ex D.lgs 74/2000

PAPER IN MATERIA DI DIRITTO PENALE TRIBUTARIO

Lo Studio, considerando la revisione del sistema sanzionatorio tributario introdotta dal D. Lgs. 14 giugno 2024, n. 87, ha redatto parer analizzando le singole fattispecie incriminatrici del D. Lgs.vo 74/2000 (hinc “il Decreto”) con particolare attenzione alle novità introdotte dal Decreto 87/2024.

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1.DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX 2 D. LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

1.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 2 del Decreto punisce con la reclusione da quattro a otto anni.“1. chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

2 bis. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 100.000, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.”

1.2. Condotta. La condotta incriminata consiste nell’indicare in una delle dichiarazioni sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi e nel contemporaneo avvalersi di fatture o di altri elementi per operazioni inesistenti. La struttura della fattispecie in esame si articola in tre momenti distinti: il primo si caratterizza per l’attività di procurarsi fatture o altri documenti emessi da altri soggetti con cui questi ultimi attestino costi mai sostenuti, il secondo concerne la detenzione di fatture e documenti e il terzo consiste nella presentazione di una dichiarazione annuale sui redditi o sul valore aggiunto nella quale vengono indicati i costi riferibili alle fatture e ai documenti. L’indicazione di elementi passivi fittizi si realizza sia nel caso in cui gli elementi considerati nella dichiarazione si riferiscano a fatture per operazioni interamente inesistenti o parzialmente inesistenti, sia nel caso della cosiddetta sovrafatturazione, cioè quando la fattura o gli altri documenti indichino costi effettivamente sopportati ma in misura inferiore a quelli dichiarati.

1.3. Bene giuridico presidiato dalla norma è la salvaguardia della funzione di accertamento propria dell’Amministrazione Finanziaria. Non può tacersi tuttavia come il concreto interesse dell’Erario al corretto adempimento dell’obbligazione tributaria, costituisca a propria volta l’oggetto di tutela mediata della norma in commento.

1.4. Soggetti attivi: coloro che, ai sensi della legge tributaria, sono tenuti a presentare le dichiarazioni annuali dei redditi o dell’Iva, trattandosi così di reato proprio.

1.5. Coefficiente psichico del delitto è costituito dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

1.6. Il momento consumativo del delitto in esame coincide con la presentazione di una dichiarazione ai fini dei redditi o del valore aggiunto. Si tratta di un reato istantaneo.

 

2.DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE ALTRI ARTIFICI EX ART. 3 D. LGS.VO. 10.3.2000, N. 74

2.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 3 del Decreto punisce, fuori dai casi previsti dall’art. 2, con la reclusione da tre a otto anni chiunque “al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando congiuntamente: 1) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila; 2) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante l’indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila”.

2.2. Condotta. La fattispecie in esame rappresenta, senza dubbio, la disposizione maggiormente riformata dal D. lgs.vo n. 158/2015. Il nuovo art. 3 contiene le seguenti novità:

1) è eliminata la prima fase delle tre indicate, rendendo non più necessario l’elemento della falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie, con ciò aumentando i potenziali soggetti attivi del reato;

2) la condotta materiale consiste nel compimento di operazioni simulate, oggettivamente o soggettivamente, ovvero dell’avvalersi di documenti falsi o altri documenti fraudolenti, idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria;

3) viene alzata a un milione e cinquecentomila euro la soglia relativa all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione e viene introdotta una soglia alternativa rapportata all’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie;

4) è introdotto un nuovo comma 2 con cui si precisa che “il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”, e un nuovo comma 3 secondo cui “ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.”

La fattispecie in esame prevede un’ipotesi di frode fiscale residuale rispetto al delitto di dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 2, come specifica la clausola di riserva in apertura della disposizione. La fraudolenza e l’idoneità ingannatoria della condotta non concernono l’emissione di fatture false, ma le diverse condotte ipotizzate dal legislatore: 1) il compimento di operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente; 2) l’utilizzo di documenti falsi; 3) il ricorso a  mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria. È sufficiente il compimento di una sola condotta e la dichiarazione mendace per la configurabilità del delitto in esame.

2.3. Bene giuridico. Un primo orientamento ritiene che l’interesse tutelato dalla norma in esame sia da individuarsi nella percezione dei tributi. Secondo una diversa opzione ermeneutica il bene tutelato sarebbe riconducibile alla funzione di controllo dell’Amministrazione Finanziaria. Infine deve darsi conto di una ulteriore ricostruzione che vede un duplice bene tutelato: la percezione dei tributi e l’affidamento dell’Amministrazione Finanziaria ad una dichiarazione corretta e veritiera della realtà reddituale.

2.4. Soggetti attivi. Nonostante l’uso del pronome “chiunque”, si tendeva a ritenere che la formulazione in vigore sino al 2015 configurasse un reato proprio richiedendo che il soggetto attivo fosse chi era obbligato alla tenuta delle scritture contabili, e ciò in quanto per la commissione del reato era necessario che l’artificio si sviluppasse, tra l’altro, in una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie. Ai sensi della nuova formula, invece, il delitto dovrebbe ascriversi a qualunque soggetto tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi o ai fini Iva.

2.4. Coefficiente psichico del delitto de quo è costituito dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

2.5. Il momento consumativo coincide con la presentazione della dichiarazione mendace.

 

3.DICHIARAZIONE INFEDELE EX ART. 4 D. LGS.VO. 10 MARZO 2000, N. 74

3.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 4 del Decreto punisce, fuori dai casi previsti dagli artt. 2 e 3, con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque “al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indica, in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a talune delle singole imposte, ad euro centomila; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni”.

3.2. Condotta. Il delitto di dichiarazione infedele si configura quando il contribuente presenta all’Amministrazione Finanziaria una dichiarazione annuale mendace relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto indicando elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ovvero elementi passivi inesistenti, al fine di conseguire un evasione d’imposta; a tale condotta deve seguire il superamento di soglie di punibilità i cui importi sono stati modificati dalla novella legislativa del 2015. La soglia di punibilità è di 100.000,00 euro, e due milioni di euro la soglia del valore degli elementi attivi sottratti all’imposizione. La clausola di riserva “fuori dai casi di cui agli artt. 2 e 3” indica come la norma in esame ha valore residuale e di chiusura e si contraddistingue per una minore insidiosità rispetto alle ipotesi di reato caratterizzate da frode.

Il D. lgs n. 158/2015 ha inoltre emendato la norma in esame aggiungendo i nuovi commi 1 bis e 1 ter secondo i quali, rispettivamente, “ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali” e “fuori dei casi di cui al comma 1 bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).

3.3. Bene giuridico tutelato: l’integrale e puntuale percezione dei tributi da parte dell’Erario; oltre a tale bene giuridico finale, vi è chi ritiene che la norma si ponga in via intermedia anche a tutela della trasparenza fiscale.

3.4. Soggetti attivi del delitto sono coloro i quali sono obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale sui redditi o sul valore aggiunto. Trattasi di reato proprio.

3.5. Coefficiente psichico. Dalla lettera della norma sembrerebbe emergere un tipo di dolo specifico allorché si dovrà esigere che il soggetto agente ponga in essere la condotta tipica avendo di mira l’evasione di imposta, pur non essendo essenziale, per la consumazione del delitto, che tale evasione sia stata poi di fatto realizzata; tale visione del dolo è coerente con la qualificazione delle soglie di punibilità come condizioni obiettive di punibilità. Ove però alle soglie si attribuisca la qualifica di elementi costitutivi del reato, l’oggetto del dolo dovrebbe comprendere anche il loro superamento, per cui l’evasione che comporti tale superamento, dovrebbe sia rientrare nell’oggetto del dolo che, contestualmente, anche costituire lo scopo dell’azione il quale peraltro non necessariamente deve raggiungersi. Alla luce di questa seconda esegesi il dolo dovrebbe qualificarsi come generico.

3.6. Il momento consumativo coincide con la presentazione della dichiarazione mendace.

 

4.OMESSA DICHIARAZIONE EX ART. 5 D. LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

4.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 5 del Decreto punisce con la reclusione da due a cinque anni chiunque “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.”

Ai sensi del comma 1 bis, è punito con la reclusione da due a cinque anni “chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.”

Infine il secondo comma prevede che “ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1 bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”.

4.2. Condotta. L’art. 5, che costituisce l’ultima fattispecie delittuosa tra quelle in materia di dichiarazioni, sanziona le condotte costituite dall’omettere la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nonché quella del sostituto d’imposta, allorché si superino le soglie di punibilità costituite da un’imposta evasa superiore ad euro 50.000,00 ovvero da un ammontare delle ritenute non versate sempre superiore a 50.000,00 euro. La riforma del 2015 è intervenuta elevando la precedente soglia di 30.000,00 euro, aggravando il trattamento sanzionatorio, e introducendo il comma 1 bis che punisce l’omessa dichiarazione di sostituto d’imposta, c.d. “modello 770”.

Il superamento anche soltanto di una delle due soglie perfeziona il reato, derivandone altre due conseguenze: 1) ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto non è possibile sommare il quantum dell’evasione delle imposte sui redditi con quello dell’Iva; 2) ove l’ammontare di ciascuna categoria di imposta evasa superi la soglia di punibilità, si configurerà un concorso formale di reati. L’omessa presentazione della dichiarazione è una fattispecie omissiva propria. 4.3. Bene giuridico presidiato dalla norma in esame è costituito dalla integrale e tempestiva percezione del tributo da parte dell’Erario.

4.4. Soggetti attivi sono gli obbligati alla presentazione delle dichiarazioni secondo la normativa tributaria.

4.5. Coefficiente psichico. L’elemento soggettivo qualificante la fattispecie delittuosa in esame è costituito dal fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. In realtà la qualificazione delle soglie di punibilità in termini di elementi costitutivi del reato ovvero di condizioni obiettive di punibilità ha diretta incidenza sull’individuazione della forma di dolo propria del reato in esame, il quale, secondo la lettera della norma, pare essere costituito da dolo specifico. La qualificazione delle soglie di punibilità come elementi costitutivi del reato comporta, però, che l’oggetto del dolo dovrebbe comprendere anche il loro superamento prospettandosi in tal guisa un dolo solo generico.

4.6. Il momento consumativo. Il delitto in esame ha natura istantanea, perfezionandosi tuttavia non nel momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione bensì, in ragione del disposto dell’art. 5 comma 2, allo spirare di ulteriori novanta giorni da codesta scadenza, momento quest’ultimo che costituisce il dies a quo dal quale inizia a decorrere la prescrizione del reato.


5.EMISSIONE DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 8 D. LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

5.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 8 del Decreto punisce con la reclusione da quattro a otto anni chiunque “1. al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

  1. Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

2 bis. Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro 100.000, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.”

5.2. Condotta. La condotta del suddetto articolo consiste nell’emettere o rilasciare fatture, o documenti di analoga natura, relative ad operazioni inesistenti. La nozione di emissione o rilascio appare equivalente da un punto di vista penalistico. Il delitto è di natura commissiva, istantaneo e di mera condotta.

5.3. Bene giuridico presidiato dalla norma in esame è l’interesse dello Stato al versamento delle imposte dirette e dell’Iva.

5.4. Soggetti attivi. La norma in esame è un reato comune potendo essere commesso da “chiunque”, con la sola precisazione che appare necessario che l’emittente sia obbligato all’emissione di un documento fiscalmente rilevante.

5.5. Coefficiente psichico. Il delitto è punito a titolo di dolo specifico agendo l’autore al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

5.6. Il momento consumativo. La condotta si perfeziona mediante la consegna o la spedizione a un terzo, potenziale utilizzatore, della documentazione fiscale. La consumazione, quindi, consegue non già al mero perfezionamento della fattura o del documento contabile, bensì a quello in cui essi escano dalla disponibilità dell’emittente e siano consegnati all’utilizzatore.


6.OCCULTAMENTO O DISTRUZIONE DI DOCUMENTI CONTABILI EX ART. 10 D. LGS.VO. 2000, N. 74

6.1. Fattispecie incriminatrice. L’art. 10 del Decreto punisce, infatti, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da tre a sette anni chiunque “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.

6.2. Condotta. La condotta tipica consiste nell’occultamento o nella distruzione in tutto o in parte delle scritture contabili e dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari. Per la configurabilità del delitto in esame non è sufficiente un semplice comportamento omissivo consistente nella mancata tenuta delle scritture contabili ma occorre che vi sia un occultamento o una distruzione, ossia una condotta eminentemente commissiva. L’occultamento consiste nel nascondere materialmente le scritture, la distruzione nell’eliminazione fisica totale o parziale delle stesse.

6.3. Bene giuridico tutelato in via strumentale dalla norma è l’interesse alla trasparenza fiscale del contribuente. Bene giuridico finale è costituito dalla tutela della pretesa impositiva dello Stato.

6.4. Soggetti attivi. La norma è indirizzata ai soggetti obbligati alla conservazione delle scritture contabili. Tuttavia, trattasi di reato comune in quanto la condotta può essere determinata anche da un soggetto terzo.

6.5. Coefficiente psichico è costituito dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di consentire l’evasione a terzi.

6.6. Il momento consumativo. Il delitto in esame si perfeziona nel momento in cui, in conseguenza della distruzione o dell’occultamento della documentazione, diviene impossibile la ricostruzione dei redditi. Nel caso in cui il delitto si realizzi tramite distruzione la fattispecie sarebbe da qualificarsi quale reato istantaneo, al contrario qualora la condotta si verifichi tramite occultamento dei documenti si tratterebbe di reato permanente il cui momento consumativo sarebbe da rinvenirsi nel momento dell’accertamento fiscale.


7.
PRESCRIZIONE E MOMENTO CONSUMATIVO DEI REATI PREVISTI DAGLI ARTT. 2 A 10 DEL D. LGS.VO 74/2000. LEGGE N. 148 DEL 14 SETTEMBRE 2011, LEGGE N. 103/2017 (RIFORMA ORLANDO), LEGGE N. 157/2019.

Per i reati tributari previsti dagli artt. da 2 a 10 del Decreto, ai sensi dell’art. 2, comma 36 vicies, Legge n. 148 del 2011 “i termini di prescrizione sono elevati di un terzo”, portando ad 8 anni il regime prescrizionale base, a 10 anni nel caso in cui vi sia un atto interruttivo. Intervento legislativo che rappresenta passo indietro rispetto al processo di omogeneizzazione dei tempi di prescrizione dei reati tributari rispetto a quelli ordinari, una delle principali innovazioni della riforma penal-tributaria del 2000.

Con la legge di riforma n. 157 del 2019, le pene previste per gli illeciti tributari sono state innalzate, con conseguente aumento del tempo necessario a prescrivere, e modificato i termini di decorrenza del corso della prescrizione. Di conseguenza, ne deriva che per gli illeciti tributari, artt. 2, 3 e 8 del Decreto, consumati successivamente al primo gennaio 2020, la prescrizione base è di 10 anni e 8 mesi, mentre nel caso di interruzioni sarà aumentata sino a 13 anni e 4 mesi; per il delitto ex art. 9, il termine base di prescrizione è di 9 anni e 4 mesi, aumentato sino a 11 anni e 8 mesi nel caso in cui vi sia un atto interruttivo. Il termine di prescrizione delle restanti fattispecie di reato, di cui agli artt. 4 e 5, rimangono invariate rispetto alla previgente disciplina (8 anni aumentato fino a 10 per l’atto interruttivo).

Per quanto concerne il dies a quo, i delitti che sono incentrati su dichiarazioni fraudolente o infedeli, non possono che ritenersi consumati al momento della presentazione della stessa o, nell’ipotesi di omessa dichiarazione, dal termine ultimo per la presentazione, termine dal quale decorre la prescrizione. La prescrizione comincerà a decorrere dalla commissione del fatto per l’emissione di fatture e documenti per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e occultamento o distruzione di documenti contabili; per il reato di emissione di fatture e documenti per operazioni inesistenti, quando fattura o documento fuoriescono dalla sfera di disponibilità dell’emittente, cioè con la consegna o spedizione; per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, dal compimento dell’atto fraudolento, se questo risulti essere idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva; per il delitto di distruzione e occultamento dei documenti contabili, dal momento in cui il documento viene distrutto o occultato.


8.
OMESSO VERSAMENTO DI RITENUTE CERTIFICATE EX ART. 10 BIS D. LGS.VO 10 MARZO 2000, N. 74

8.1. FATTISPECIE INCRIMINATRICE. L’art. 10 bis del Decreto punisce con la reclusione da sei mesi a due anni “chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462. In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’articolo 15 ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il colpevole è punito se l’ammontare del debito residuo è superiore a cinquantamila euro”.

8.2. CONDOTTA E COEFFICIENTE PSICHICO. La condotta incriminata è costituita dal mancato compimento da parte del soggetto attivo dell’azione comandata: il versamento, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta prevista dall’art. 4, comma 4 bis, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (hinc “D.P.R. 322/98”), delle ritenute effettuate e certificate.

La norma fa riferimento all’istituto della sostituzione tributaria che ricorre, ex art. 64, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (hinc “D.P.R. 600/73”), ogniqualvolta un soggetto “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili o anche a titolo di acconto”.

Nel caso della sostituzione d’imposta il meccanismo previsto dal Legislatore è che “il sostituto, debitore di una somma costituente reddito per il percettore (cd. sostituito), deve prelevare una percentuale di essa (cd. ritenuta alla fonte) versandola all’Erario; il tutto, decurtando – cd. Rivalsa – direttamente da quanto dovuto al sostituito la somma da versare al Fisco” (L. SALVINI e F. CAGNOLA, Manuale professionale di diritto penale Tributario, Giappichelli, 2021, p. 738).

8.2.1. Primo elemento costitutivo della condotta integrante la fattispecie in parola è rappresentato dall’intervenuto rilascio da parte del datore di lavoro della certificazione delle ritenute operate sulle retribuzioni dei dipendenti attestante “l’ammontare complessivo delle somme e dei valori corrisposti, delle ritenute operate, delle detrazioni d’imposta effettuate nonché dei contributi previdenziali e assistenziali” (art. 7 bis, D.P.R. 600/73).

8.2.2. Secondo elemento di fattispecie è il mancato versamento delle ritenute certificate protratto oltre il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta: tale termine è individuato per i sostituti d’imposta che hanno corrisposto somme o valori soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi, per quel che qui interessa, dell’art. 23, D.P.R. 600/73, nel 31 ottobre dell’anno successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta (dunque, ad esempio, il 31 ottobre 2024 per le ritenute effettuate nell’anno 2023).

8.2.3. Ultimo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice è il superamento della soglia di punibilità fissata dall’art. 10 bis Decreto in € 50.000,00; importo riferito a ciascun periodo d’imposta coincidente con l’anno solare in cui sono state operate le ritenute dichiarate.

8.2.4. La fattispecie delittuosa è un reato omissivo proprio consistente nel “mancato compimento dell’azione che si attendeva da un uomo […] prescritta dall’ordine giuridico” (ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, GIUFFRÈ, 1991, pag. 200) per la sussistenza del quale “non occorre il verificarsi di alcun evento materiale” (F. MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, CEDAM, 2007, pag. 129); si tratta, inoltre, di delitto a condotta vincolata in quanto “la legge descrive in modo particolareggiato l’attività (rectius, l’omissione) occorrente per la sua realizzazione” (ANTOLISEI, cit., pag. 237).

Bene giuridico presidiato dalla norma è “l’interesse dell’Erario alla percezione dei tributi” (NOCERINO – PUTINATI, La riforma dei reati tributari , GIAPPICHELLI, 2015, p. 742).

Soggetto attivo della condotta incriminata è il datore di lavoro deputato alla ritenuta sui redditi dei dipendenti ex art. 23, D.P.R. 600/73: società ed enti o associazioni ad esse assimilate, persone fisiche che esercitano imprese commerciali o agricole od arti e professioni, curatori fallimentari, commissari liquidatori, condomini.

L’obbligo del versamento delle imposte da parte di una società di capitali grava sugli amministratori della stessa ai sensi del combinato disposto degli artt. 2380 bis c.c.: “la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori” e 2392 c.c.: “gli amministratori devono adempiere gli obblighi ad essi imposti dalla legge”.

In caso di liquidazione della società, soggetto attivo del delitto dovrà ritenersi il liquidatore della stessa ove il debito erariale sia sorto successivamente alla messa in liquidazione, mentre, in caso di fallimento, a seguito della modifica legislativa dell’art. 23, primo comma, D.P.R. 600/73, soggetto attivo sarà il curatore fallimentare.

Roma, 31 Luglio 2024                                                                                     Avvocato Carlo Zaccagnini

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