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Reati Tributari

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I 10 reati tributari previsti dal d. lgs. n. 74 del 2000.

Questo tipo di illecito tributario consiste nell’indicare in una delle dichiarazioni sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi e nel contempo avvalersi di fatture o di altri elementi per operazioni inesistenti. 
L’indicazione di elementi passivi fittizi si realizza:
1. nel caso in cui gli elementi considerati nella dichiarazione si riferiscano a fatture per operazioni interamente inesistenti o parzialmente inesistenti;
2. nel caso della cosiddetta sovrafatturazione, cioè quando la fattura o gli altri documenti indichino costi effettivamente sopportati ma in misura inferiore a quelli dichiarati.

 

La fattispecie in esame prevede un’ipotesi di frode fiscale residuale rispetto al delitto di dichiarazione fraudolenta di cui all’art. 2, come specifica la clausola di riserva in apertura della disposizione. 

La fraudolenza e l’idoneità ingannatoria della condotta devono concretizzarsi, infatti, non tramite fatture false, ma attraverso le seguenti tre tipologie di condotte ipotizzate dal legislatore: 
1. il compimento di operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ; 
2. l’avvalersi di documenti falsi;
3. l’avvalersi di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria. 
E’ sufficiente il compimento di una sola condotta e la dichiarazione mendace per la configurabilità del delitto tributario in esame.
Il reato tributario di dichiarazione infedele si configura quando il contribuente presenta all’Amministrazione Finanziaria una dichiarazione annuale mendace relativa alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto indicando elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ovvero elementi passivi inesistenti, al fine di conseguire un evasione d’imposta.
A tale condotta deve seguire il superamento di soglie di punibilità i cui importi sono stati modificati dalla novella legislativa del 2015:
1. la soglia di punibilità è stata elevata da 50.000 a 150.000 euro, e da due a tre milioni di euro la soglia del valore degli elementi attivi sottratti all’imposizione;
2. la condotta tipica non richiede alcun connotato di fraudolenza, così come esplicato nella clausola di riserva “fuori dai casi di cui agli articoli 2 e 3”;
3. la norma in esame ha quindi un valore residuale e di chiusura e si contraddistingue per una minore insidiosità rispetto a quelle caratterizzate da frode.
L’ultima fattispecie delittuosa tributaria tra quelle in materia di dichiarazioni, sanziona le condotte costituite dall’omettere la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nonché quella del sostituto d’imposta, allorché si superino le soglie di punibilità costituite da un’imposta evasa superiore ad euro 50.000 ovvero da un ammontare delle ritenute non versate sempre superiore a 50.000 euro. 
La riforma del 2015, infatti, è intervenuta elevando la precedente soglia di 30.000 euro a 50.000, aggravando il trattamento sanzionatorio, e introducendo il comma 1 bis che punisce l’omessa dichiarazione di sostituto d’imposta  c.d. “modello 770”.
Il superamento anche soltanto di una delle due soglie perfeziona il reato, derivandone altre due conseguenze:
1. ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto non è possibile sommare il quantum delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto evase;
2. ove l’ammontare di ciascuna imposta evasa superi la soglia di punibilità, si configurerà un concorso formale di reati.
L’articolo 8 rappresenta la norma di apertura del Titolo II, Capo II del D.lgs n. 74/2000, ove sono collocati “i delitti in materia di documenti e pagamento delle imposte”. Quest’illecito tributario consiste nell’emettere o rilasciare fatture, o documenti di analoga natura, relative ad operazioni inesistenti.
La nozione di emissione o rilascio appare equivalente da un punto di vista penalistico.
La condotta tipica consiste nell’occultamento o nella distruzione in tutto o in parte delle scritture contabili e dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari. 
Per la configurabilità del delitto tributario in esame non è sufficiente un semplice comportamento omissivo consistente nella mancata tenuta delle scritture contabili ma occorre che vi sia un occultamento o una distruzione, ossia una condotta eminentemente commissiva
L’occultamento consiste nel nascondere materialmente le scritture, la distruzione nell’eliminazione fisica totale o parziale delle stesse.
 
Elementi costitutivi del delitto tributario in fattispecie è il mancato versamento dell’IVA dovuta all’Erario – nell’ammontare di euro 250.000 risultante dalla dichiarazione annuale presentata dal contribuente ex art. 8, D.P.R. 322/98 – entro il 27 dicembre dell’anno successivo a quello d’imposta di riferimento. 
La riforma del 2015 ha determinato la revisione della soglia di punibilità che è stata innalzata da euro 50.000 a euro 250.000.
Elementi costitutivi del delitto tributario in fattispecie è il mancato versamento dell’IVA dovuta all’Erario – nell’ammontare di euro 250.000 risultante dalla dichiarazione annuale presentata dal contribuente ex art. 8, D.P.R. 322/98 – entro il 27 dicembre dell’anno successivo a quello d’imposta di riferimento. 
La riforma del 2015 ha determinato la revisione della soglia di punibilità che è stata innalzata da euro 50.000 a euro 250.000.
L’illecito tributario d’indebita compensazione presuppone il mancato versamento delle somme dovute, in sede di compilazione del modello F24, per la compensazione dei debiti, dovuti dal contribuente, con crediti.
Nucleo centrale della fattispecie ruota attorno alle espressioni di “crediti inesistenti” e di “crediti non spettanti”:
1. Per “credito inesistente” deve intendersi il credito che sia totalmente disancorato dalla situazione fiscale del contribuente e non rileva se l’inesistenza sia o non sia supportata da documentazione ideologicamente ovvero materialmente falsa. Anche se la formulazione legislativa risulta essere generica ed incerta, si può ritenere che, data la stretta correlazione con l’art. 10 ter, l’art. 10 quater incrimini le situazioni che riguardano il corretto adempimento degli obblighi di versamento, per cui il credito sarà penalmente apprezzabile quando sia radicalmente inventato o frutto di creazione estemporanea in sede di compilazione del modello F24.
2. La nozione di “credito non spettante” è di difficile inquadramento da un punto di vista tecnico-giuridico. Per dargli una collocazione occorre partire dall’art. 17 D.lgs.vo 241/1997 il quale elenca, in maniera tassativa, le ipotesi in cui è consentita la compensazione al contribuente. Fuori dai casi in cui è consentita la compensazione, il credito diventa non spettante, indipendentemente dall’effettiva esistenza del credito stesso. La non spettanza del credito si ha anche laddove non venga rispettata la procedura e la modalità prevista per la compensazione. In sostanza, la nozione di “credito non spettante” indizia ipotesi nelle quali la compensazione prevista in sede di pagamento unificato non appare dovuta, in armonia con il dettato normativo dell’istituto della compensazione.
Per la sussistenza del delitto è necessario che la somma non versata, a seguito dell’indebita compensazione, superi la somma di euro cinquantamila (50.000,00) per ciascun periodo d’imposta, considerando cumulativamente tutti i mancati versamenti relativi anche a tributi diversi, ma rientranti sempre nell’ambito del pagamento unificato.
La norma in esame prevede al primo e al secondo comma due diverse fattispecie di reati tributari: 
1. La condotta di cui al primo comma non richiede quale presupposto l’avvenuta instaurazione della procedura esecutiva, ma soltanto la preesistenza del debito al cui inadempimento è finalizzata la condotta fraudolenta. Le condotte tipizzate hanno contenuto elusivamente commissivo, due sono quelle descritte dalla norma: l’alienazione simulata, e il compimento di altri atti fraudolenti;
2. Presupposto della condotta del delitto di cui al secondo comma è, invece, l’avvenuta instaurazione di una procedura di transazione fiscale a norma dell’art. 182 ter l. fall. La condotta tipica si sostanzia nell’indicare nella documentazione presentata ai fini della transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi.

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Studio Legale Zaccagnini: esperti in Diritto Penale Tributario

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Come limitare le pene? Ipotesi di patteggiamento e cause di non punibilità

Lo Studio può contare anche sull’ausilio di esperti di diritto Tributario anche al fine di valutare il ricorso a procedure conciliative (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, acquiescenza all’accertamento, ravvedimento operoso) per mitigare gli effetti penali delle contestazioni:
1. per i reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater comma 1, l’estinzione integrale del debito tributario assurge a causa di non punibilità se avviene prima dell’apertura del dibattimento di primo grado;
2. per i reati di cui ali artt. 4 e 5, l’estinzione integrale del debito tributario, operabile anche attraverso l’istituto del ravvedimento operoso o con la presentazione della dichiarazione omessa, deve avvenire prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dall’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali; fuori dai casi di non punibilità la pena è ridotta sino alla metà (e non si applicano le pene accessorie) se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari vengano estinti mediante pagamento, “anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”.
3. il riconoscimento della circostanza attenuante è presupposto necessario per l’applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. (Comma 2 art. 13 bis).

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