Integra il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. la creazione di account online mediante l’utilizzo di nominativo e dati di soggetto inesistente?
Il delitto ex art 494 c.p., inserito nel Libro II, Capo IV, del Codice Penale, intitolato “Della Falsità Personale”, è posto a presidio sia della fede pubblica, sia degli interessi del privato le cui generalità sono state abusivamente spese.
La fattispecie sanziona con la reclusione fino ad un anno, salvo che il fatto non costituisca altro delitto contro la fede pubblica, “chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”.
Trattasi di reato a forma vincolata posto che la condotta tipica è costituita dalla induzione in errore, atta a determinare in taluno la falsa rappresentazione della realtà, mediante condotte tipiche tassativamente prevedute dalla fattispeci:
– illegittima sostituzione della propria all’altrui persona;
– attribuzione a sé o ad altri di un falso nome, di un falso stato o di una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Il coefficiente psichico è dato dal dolo specifico che consiste nella coscienza e volontà di indurre taluno in errore mediante una delle sopradescritte condotte al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale o di recare ad altri un danno.
È ancora discusso se il sostituire la propria identità a quella di una persona in realtà inesistente configuri o meno il delitto in parola : l’inesistenza oggettiva della persona alla quale ci si sostituisce potrebbe far venir meno l’offensività stessa del fatto (art. 49, comma secondo, c.p.). Sul punto, si contendono il campo due distinti orientamenti : per il primo, il reato non sussiste, posto che l’inesistenza assoluta della persona a cui ci si sostituisce è circostanza di per sé inidonea a trarre in inganno l’utente (Cadoppi Manna, Cybercrime, Diritto e Procedura penale dell’informatica, 2019). Per il secondo, invece, la fattispecie risulterebbe integrata in tutti i suoi elementi, posto che l’utilizzo di nomi e cognomi plausibili, seppur appartenenti a persona assolutamente inesistente, è atto idoneo ad indurre taluno in errore poiché sembrerebbe appartenente una persona esistente (Cass. Pen., Sez. II, 21-12-2011, n. 4250; Cass. Pen., Sez. V, 8 novembre 2007, dep. 14.12.2007, n. 46674; Stampanoni Bassi, Sostituzione di persona commessa nella rete internet, in Cass. Pen., n. 1, 2014, 147; Pagliaro, voce Falsità personale, in Enc. Dir., Milano, 1967, 646; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, vol. VI, Torino, 1983, 976; Fiandaca Musco, Diritto penale, Parte Speciale, Vol. I, Zanichelli, 2012, 621; Flick, Falsa identità su internet, in Dir. informaz. e informatica, 2008, 527); “in questo caso non esiste alcuna identità reale violata, anche se né la vittima né l’autore in genere possono saperlo, data la mancanza di un’anagrafe mondiale che consenta agevolmente di effettuare le verifiche. Tuttavia, posto che per la sussistenza del reato, nella sua seconda forma esecutiva alternativa, basta anche attribuirsi un falso nome o un falso stato o false qualità, appare […] logico considerare configurabile il reato anche ove l’identità simulata non esista, ma non sia totalmente fantastica” (Cadoppi Manna, cit. 282).
Pertanto, alla luce delle suesposte esegesi, la creazione di account online realizzata con dati di soggetto inesistente determina rischio di avvio del procedimento penale dell’utilizzatore.
Roma, 05 Luglio 2023 Avvocato Carlo Zaccagnini