Denuncia-querela: dove presentarla
Presso la Procura della Repubblica o presso i Carabinieri o la Polizia di Stato? Chi è più veloce nel far conoscere all’indagato la presentazione della querela? Polizia e Carabinieri, che poteri di indagine hanno?
Le notizie di reato, non autoprodotte dagli organi inquirenti, possono essere presentate direttamente al Pubblico Ministero oppure alla Polizia Giudiziaria; quest’ultima dovrà riferirla al Pubblico Ministero che procede all’iscrizione nel registro delle notizie di reato ex art. 335 c.p.p..
La polizia giudiziaria continua a compiere le attività di indagine “necessarie per le determinazioni inerenti all’azione penale” anche successivamente all’iscrizione della notizia di reato (art. 326 c.p.p.): oltre a ciò, svolge funzioni investigative nella fase di acquisizione della notizia di reato e nel segmento temporale compreso tra il reperimento della notizia e la sua comunicazione al Pubblico Ministero.
La polizia giudiziaria, inoltre, può continuare a svolgere attività di propria iniziativa anche dopo la comunicazione della notizia di reato – prima che il Pubblico Ministero assuma la direzione delle indagini “Il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria (1) che, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate nei successivi articoli” (art. 327 c.p.p., c.d. attività autonoma d’indagine).
Dopo l’intervento del Pubblico Ministero la Polizia è invece tenuta, in primo luogo, a compiere gli atti investigativi ad essa specificatamente delegati dal magistrato inquirente ( c.d. attività delegata) ( art. 55, comma 2 c.p.p.); in secondo luogo ad eseguire le direttive impartite (c.d. attività guidata); infine, la Polizia svolge tutte le attività per accertare il reato ovvero richieste da elementi successivamente emersi (c.d. attività parallela): ma di tale attività il Pubblico Ministero deve essere prontamente informato (c.d. attività guidata 348, comma 3, c.p.p.).
Nell’impianto originario del codice del 1988, il vincolo di dipendenza funzionale della polizia dal Pubblico Ministero era più ristretto, in quanto la polizia poteva svolgere indagini solo nel limite delle direttive impartite; il mutamento di indirizzo intervenuto nel 1992 e confermato nel 2001, risponde alla logica di assegnare alle forze dell’ordine spazi di maggiore autonomia nell’espletamento dei propri compiti investigativi.
Le funzioni della Polizia Giudiziaria sono disciplinate dall’articolo 55 c.p.p. che, al comma 1, prevede che la Polizia deve di propria iniziativa, vale a dire senza un previo impulso dell’autorità giudiziaria, “prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale”.
L’attività informativa si sostanzia nell’acquisire la notizia di reato, secondo le forme dell’apprensione diretta o della ricezione (art. 330 c.p.p.), e nel riferirla con tempi celeri, ancorché variamente stabiliti, al Pubblico Ministero: “Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell’atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari. […] art. 347 c.p.p.)”.
L’autorità di Polizia è tenuta a trasmettere tempestivamente la notitia criminis al Pubblico Ministero; nell’originaria formulazione dell’art. 347 c.p.p. ciò doveva avvenire inderogabilmente entro 48 ore; oggi al contrario è sufficiente che la comunicazione avvenga senza ritardo: criterio temporale volutamente elastico, introdotto nel 1992, per concedere agli organi di polizia margini di autonoma gestione della notizia di reato nella fase che precede l’investitura dell’Inquirente.
L’attività investigativa consiste nel ricercare l’autore del reato mediante il compimento di atti tipici ed atipici: “Anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell’articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole. Al fine indicato nel comma 1, procede, fra l’altro: a) alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi; b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti; c) al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti. Dopo l’intervento del pubblico ministero, la polizia giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell’articolo 370, esegue le direttive del pubblico ministero ed inoltre svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il pubblico ministero, tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova” art. 348).
L’attività assicurativa, infine, quale ideale perfezionamento della precedente, è riferita alle fonti di prova, in conformità al canone secondo cui la prova si forma tendenzialmente in sede dibattimentale.
La norma menzionata, inoltre, prevede l’obbligo di raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale e l’obbligo di impedire che i reati siano portati a conseguenze ulteriori. Il primo si caratterizza per una portata assai ampia, potendo ricomprendere, ad esempio, le attività volte a determinare la pericolosità del soggetto o la gravità del danno, o ancora, l’individuazione di cose pertinenti al reato. Il secondo investe un profilo, che per la sua natura preventiva, è tipico della polizia sicurezza.
Avvocato Carlo Zaccagnini