Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale: possibilità di modifica dell’imputazione, distinzione tra fatto “nuovo” e fatto “diverso” e discrasie giurisprudenziali anche dopo le sezioni unite n. 21039/ 2011.
Lo studio del tema che dà titolo al presente scritto deve prendere le mosse dall’analisi dell’art. 219, secondo comma, n. 1) del Reg. Decreto 267 del 1942 (hinc “Legge Fall.”), il quale prevede che le pene stabilite negli artt. 216, 217, e 218 Legge Fall. sono aumentate fino ad un terzo, se l’agente abbia commesso più fatti di bancarotta.
La struttura lessicale di tale aggravante ha posto l’interrogativo se i delitti cui afferisce abbiano o meno carattere unitario; differenti, come evidente, le ricadute sul piano pratico a seconda della tesi cui si aderisca.
1. Tesi dell’unitarietà del delitto di bancarotta
1.1. L’opinione tradizionale[1] ritiene che con l’art. 219 Legge si sia inteso considerare la pluralità dei fatti di bancarotta come un “unico fatto”, sanzionandoli con la circostanza aggravante in parola nel caso di ricorrenza di più precetti violati dall’agente nel corso della propria attività: i più delitti di bancarotta costituiscono, secondo la tesi in discorso, sempre di per sé un solo crimen poiché ledono il medesimo bene giuridico. La tesi poggia sul dato normativo : l’art. 219 Legge Fall. è rubricato “circostanze aggravanti e circostanze attenuanti” ed il comma secondo, n. 1), è previsto unitamente ad altre ipotesi che presentano inequivocabile natura di circostanze del reato (rilevante gravità o speciale tenuità del danno patrimoniale, esercizio illegittimo dell’impresa).
Anche la tecnica sanzionatoria, poi, è tipica del regime delle circostanze : aumento indeterminato della pena (ex art. 64 c.p., dunque fino ad un terzo). Militerebbe in tal senso, infine, anche la Relazione al R. Decreto. n. 267/1942, secondo cui è “apparso necessario, per meglio adeguare le sanzioni all’entità delle infrazioni ed alla pericolosità del colpevole, prevedere l’aggravamento della pena per chi commette più fatti previsti in una stessa disposizione di legge […]”. Sulla scorta di tali dati testuali l’art. 219 Legge Fall. considererebbe le diverse violazioni come un unicum, in deroga alla disciplina comune in materia di concorso di reati e di reato continuato. La tesi in esame è seguita anche da parte della giurisprudenza.
1.2. “L’ 219 […] statuisce l’unitarietà del reato, anche se commesso mediante una pluralità di condotte fra quelle alternativamente previste dall’art. 216, sicché alla bancarotta non sono applicabili i principi di diritto comune stabiliti in tema di continuazione, e la circostanza aggravante è assoggettata all’ordinario giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti previsto dall’art. 69 c.p.”[2].
[1] La concezione unitaria è sostenuta da PAGLIARO, Il delitto di bancarotta, Palermo, 1957; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, vol. II, I reati fallimentari, Milano, 2008; CONTI, Diritto penale commerciale, vol. II, I reati fallimentari, Torino, 1991.
[2] Cass. Pen., Sez. V, 4 marzo 1998, n. 4431, in C.E.D. Cass. Rv. 211052; conf. Cass. Pen., Sez. V, 4 luglio 2006, n. 38810, in C.E.D. Cass., Rv. 235762; Cass. Pen., Sez. V, 28 novembre 2007, n. 1762, in C.E.D. Cass., Rv. 239096.
2. La concezione pluralistica
2.1. La concezione unitaria della bancarotta (cui corollario concettuale è la natura “circostanziale” della pluralità dei fatti unificati quoad poenam dall’art. 219 in esame) è contrata da quella dottrina minoritaria che esclude all’ 219 Legge Fall. la natura di circostanza del reato e la cui ratio, in definitiva, sarebbe solo quella di temperare in melius, ai fini sanzionatori , il concorso dei reati concorsuali.
Esegesi che attribuisce alla disposizione de qua cifra solo formale di aggravante : nel caso di pluralità di condotte di bancarotta, infatti, il rapporto tra fatto-reato e fatto-accessorio non sussisterebbe, poiché i fatti sarebbero tutti sullo stesso piano e non sarebbero in sintesi ontologicamente scindibili; risolvendosi in operazione logica sterile l’assegnare ad uno di essi la funzione di circostanza. Ecco dunque come l’art. 219 Legge Fall., invece, disciplinerebbe ipotesi di concorso di reati autonomi ed indipendenti : dai quali possono scaturire anche più giudicati e che il Legislatore unifica e considera ai soli effetti del trattamento sanzionatorio mediante il bilanciamento circostanziale.
Spetterebbe, tuttavia, all’interprete accertare di volta in volta che non sussista tra le figure criminose un rapporto di specialità capace di escludere il concorso[1].
Tale disposizione trova applicazione sia nel caso di ripetizione del medesimo fatto, sia nel caso di realizzazione di fatti diversi[2]. Anche questa esegesi ha raccolto consensi giurisprudenziali.
2.2. “L’ 219 […] persegue la finalità di attenuare l’eccessivo rigore del cumulo delle pene conseguente al concorso materiale di reati in fattispecie legali che si attuano frequentemente, ed anzi normalmente, con la ripetizione e la pluralità dei fatti. Trattasi di un’unificazione quoad poenam, che non esclude quindi l’innegabile autonomia ontologica dei singoli fatti di bancarotta” [3].
[1] Cass. Pen., Sez. V, 4 giugno 1981, Picardi, in C.E.D. Cass., Rv. 150246.
[2] ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, op. cit., scrive “a nostro parere, l’aggravante è applicabile anche nel caso di reiterazione di fatti dello stesso tipo e cioè riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta […] L’essenziale è che si tratti di distinte azioni criminose, cioè di comportamenti staccati nel tempo perché in ogni caso sussiste quella maggiore gravità del fatto che, a giudizio del legislatore, giustifica l’aggravante della pena. Naturalmente se l’aggravante si applica a fatti che realizzano la stessa ipotesi di bancarotta, a fortiori, è applicabile a fatti diversi siano o no previsti nello stesso comma o numero di ciascuno degli artt. 216 e 217. In conseguenza, per fare degli esempi, in tema di bancarotta fraudolenta l’aggravante si applica all’imprenditore che abbia dissimulato alcuni beni e sottratto i libri contabili, oppure abbia occultato delle attività ed altre ne abbia distratte, oppure in epoche diverse abbia distrutto più beni”.
[3] Cass. Pen., Sez. V, 16 ottobre 1980, n. 2588, in C.E.D. Cass., Rv. 146739; Cass. Pen., Sez. V, 21 gennaio 1987, n. 4561, in C.E.D. Cass., Rv. 175662; Cass. Pen., Sez. V, 4 giugno 2003, n. 32254, in C.E.D. Cass., Rv. 226503; Cass. Pen., Sez. V, 27 maggio 2008, n. 26794, in C.E.D. Cass., Rv. 241171.
3. L’intervento delle sezioni unite del 26 maggio 2011, n. 21039
3.1. Il cennato contrasto interpretativo sull’ 219 Legge Fall. è approdato al vaglio delle Sezioni Unite della Suprema Corte[1], chiamate a risolvere la questione di diritto “se il delitto di bancarotta, nel caso in cui siano poste in essere più condotte tipiche nell’ambito di uno stesso fallimento, sia un unico reato, con l’effetto di un aumento di pena in funzione di circostanza aggravatrice, o se – invece – la pluralità di condotte di bancarotta dia luogo ad un concorso di reati, con conseguente esclusione del divieto di bis in idem per l’eventuale giudicato intervenuto su alcune delle indicate condotte”. Il Supremo Consesso aderisce alla concezione pluralistica e ha stabilito:
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“più condotte tipiche di bancarotta poste in essere nell’ambito di uno stesso fallimento mantengono la propria autonomia ontologica e danno luogo a un concorso di reati, che vengono unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico”;
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“la disposizione di cui all’art. 219, comma secondo, n. 1, Legge Fall. non integra, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta una peculiare disciplina della continuazione, in deroga a quella ordinaria di cui all’art. 81 cod. pen., in tema di reati fallimentari”;
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“deve escludersi, con riferimento a condotte di bancarotta ancora sub iudice, la preclusione dell’eventuale giudicato intervenuto su altre e distinte condotte di bancarotta relative alla stessa procedura concorsuale”.
3.2. Il decisum muove dalla natura delle fattispecie ex 216, 217 e 218 Legge Fall., richiamate dall’art. 219, comma secondo, n. 1) e rileva come l’art. 216 Legge Fall. sia disposizione a più norme, prevedendo diverse ipotesi di delitto assolutamente eterogenee tra loro per condotta, per oggettività giuridica, per gravità, per tempo di consumazione, per sanzione prevista[2]. Tale disposizione – opina il decisum – prevede anche norme a più fattispecie alternative o fungibili[3] ed è solo in tali casi che il reato è estrinsecazione di un unico fatto fondamentale e, dunque, costituisce un unico reato. In tutte le altre ipotesi, anche tra fattispecie alternative, si ha concorso ogniqualvolta le differenti azioni tipiche siano “distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale” e abbiano ad oggetto beni specifici differenti.
3.3. Secondo la pronunzia in esame l’ 219, comma secondo, n. 1) Legge Fall. disciplina un concorso di reati unificato fittiziamente agli effetti della individuazione del regime sanzionatorio nel cumulo giuridico, facendo ricorso allo strumento della circostanza aggravante. L’unificazione è, dunque, esclusivamente quoad poenam: ad ogni altro effetto, anche processuale, ciascun reato rimane autonomo e distinto (e passibile dunque di separato e distinto giudizio). Tale lettura è compatibile sia con i casi di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta, sia in quello di commissione di più fatti tra quelli previsti dagli artt. 216 e 217 Legge Fall.
3.4. La bancarotta fraudolenta patrimoniale, quella documentale, quella preferenziale, le plurime e diverse ipotesi di bancarotta semplice, la bancarotta pre-fallimentare e quella post-fallimentare presentano gradi di offensività non omologhi, sono sanzionate in modo differenziato e non tutte coincidono come tempo e luogo di consumazione. Da ciò discende che “per ogni diverso e autonomo fatto di bancarotta che emerge nel corso di un processo riguardante altro fatto di bancarotta, relativo logicamente alla stessa procedura fallimentare, occorre procedere a nuova contestazione” (S.S. U.U., cit., pag. 20).
[1] Cass. Pen., Sez. Un., 26 maggio 2011, n. 21039, in C.E.D. Cass., Rv. 249665-70).
[2] Bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta fraudolenta documentale, bancarotta preferenziale, bancarotta pre e post fallimentare.
[3] Trattasi, ad esempio, delle condotte di distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione o dissipazione, di cui al comma primo n. 1), le quali hanno ad oggetto lo stesso bene e si pongono in rapporto di “alternatività di modi”.
4. Nuove contestazioni e modifica dell’imputazione in relazione ai fatti di bancarotta
4.1. Prima della pronuncia a S.S. U.U. si era affermato che “non integra fatto nuovo ai sensi dell’art. 518 cod. proc. pen. la individuazione, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, di diverse modalità della condotta illecita ovvero di ulteriori condotte di distrazione o, comunque, di difformi condotte integrative della violazione dell’art. 216 Legge Fall., trattandosi di fatto che non può generare novità dell’illecito, ma soltanto l’integrazione della circostanza aggravante (e non la modifica del fatto tipico), in virtù della peculiare disciplina dell’illecito fallimentare – connaturato alla c.d. unitarietà del reato desumibile dall’art. 219, comma secondo, n. 1 Legge Fall., che deroga alla disciplina della continuazione – e della peculiarità della norma incriminatrice che non assegna alle condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione, previste dall’art. 216 Legge Fall., natura di fatto autonomo, bensì fattispecie penalmente tra loro equivalenti, e cioè modalità di esecuzione alternative e fungibili di un unico reato”[1].
4.2. Esegesi costante nella Quinta Sezione della Cassazione, anche in tempo successivo alle Sezioni Unite 2011. Le ragioni della “dissociazione” esegetica appaiono di vero sostanzialmente condivisibili: le norme che disciplinano le nuove contestazioni (518 c.p.p.), le modificazioni dell’imputazione (516 c.p.p.) e la necessaria correlazione tra imputazione e sentenza sono poste a presidio del contraddittorio sull’accusa e, dunque, dello spiegamento del pieno esercizio del diritto di difesa.
Dovendo essere interpretate con riferimento a detto presidio, vulnus a quel principio di contraddittorio si determina solo ove il mutamento della accusa sia idoneo a pregiudicare la possibilità di difesa dell’imputato: a tal fine, non è sufficiente il mero confronto letterale fra vecchia e nuova imputazione; il Decisore deve invece accertarsi se risulti radicalmente trasformata la fattispecie concreta contestata in guisa che risulti incerto o radicalmente nuovo l’oggetto dell’imputazione[2].
In decisioni successive al 2011, la Quinta Sezione ritiene (in contrasto con le S.S.U.U.), come nel caso di più fatti di bancarotta (di cui ribadisce il carattere unitario del delitto in adesione all’interpretazione dell’art. 219 Legge Fall. riportata sub 1.), non si determinino le condizioni di applicabilità dell’artt. 518 (Fatto nuovo) bensì quelle dell’art. 516 c.p.p. (Modifica dell’imputazione). Sotto profilo processuale, dunque, ciò che dovrebbe avvenire, secondo tale ultima interpretazione, sarà la contestazione in udienza di una nuova imputazione, senza interruzione della celebrazione del processo in corso.
Al contrario, secondo la giurisprudenza delle S.S.U.U., l’emersione nel corso della istruzione dibattimentale in corso di una nuova imputazione concorsuale a carico dell’imputato determinerebbe la necessità di operare secondo le forme di cui all’art. 518 c.p.p. e quindi con avvio di nuovo e separato giudizio da intraprendere nei confronti dell’accusato.
4.3. L’applicazione dell’art. 518 c.p.p. in luogo del 516 c.p.p. poggia sulle seguenti argomentazioni:
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La nozione di “fatto nuovo” ex 518 c.p.p., è quella di “accadimento del tutto difforme ed autonomo rispetto a quello contestato”: le Sezioni Unite 2011 hanno precisato che ad ogni altro effetto, anche processuale, ciascun reato ex artt. 216, 217 e 218 Legge Fall. rimane autonomo e distinto; l’art. 216 Legge Fall. infatti “[…] prevede[…] diverse ipotesi di reato assolutamente eterogenee tra loro per condotta, per oggettività giuridica, per gravità, per tempo di consumazione, per sanzione prevista.”
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“per ogni diverso e autonomo fatto di bancarotta che emerge nel corso di un processo riguardante altro fatto di bancarotta, relativo logicamente alla stessa procedura fallimentare, occorre procedere a nuova contestazione” (S.S: U.U., pag. 20);
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Non sarebbe nemmeno possibile ritenere applicabile in tali casi l’art. 517 c.p.p., posto che il decisum a sezioni unite ritiene l’ 219 Legge Fall. circostanza aggravante solo quoad poenam.
In questo solco esegetico si è di recente inserita la sentenza n. 9347 del 27 febbraio 2013, che annullava per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza una pronunzia di seconde cure che, muovendo da originaria imputazione di bancarotta distrattiva ex art. 216, comma 1, n. 1) aveva condannato l’imputato per bancarotta preferenziale.
[1] Cass. Pen., Sez. V, 2 dicembre 2010, n. 4551, in C.E.D. Cass., Rv. 249262.
[2] Cass. Pen., Sez. V, 24 luglio 2012, n. 30342; Cass. Pen., Sez. V, 19 agosto 2016, n. 35126.
Avvocato Carlo Zaccagnini