Reati tributari: la confisca diretta e per equivalente.
La confisca diretta e per equivalente è ammessa? Art. 322 ter c.p.
La confisca diretta (art. 240 c.p.) costituisce una misura di sicurezza patrimoniale avente ad oggetto il prodotto, il prezzo, il profitto del reato, ovvero la res destinata alla commissione del reato.
La confisca diretta concerne beni aventi dimensione materiale legate al fatto di reato in sé, di diretta derivazione dal reato e che abbiano cagionato un accrescimento del patrimonio dell’autore o di altro soggetto.
La confisca per equivalente (art. 322 ter c.p.), al contrario, incide su un ammontare corrispondente al valore dei beni che sarebbero stati – in caso di disponibilità degli stessi – oggetto della confisca diretta. Lo scopo di tale strumento è quello di inibire all’autore del reato la fruizione del guadagno illecitamente acquisito nel caso in cui appunto i beni illecitamente acquisti dal reo non siano più disponibili.
Se si a quali condizioni? Nel 2008 il campo di applicazione della confisca per equivalente è stato esteso anche ai reati tributari, segnatamente a quelli di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 ter, 10 quater e 11 del D.lgs.vo n. 74/2000 [1] .
L’art. 1, 143° comma, della Legge del 24 settembre 2007 n. 244 è stato collocato nel corpo del D.lgs.vo 74/2000 tramite l’inserimento dell’ art. 12 bis: che ha sancito l’applicazione della confisca diretta e per equivalente “ai delitti del presente decreto” (D.lgs.vo n. 158/2015). Il primo comma dell’art. 12 bis introduce la confisca obbligatoria diretta o per equivalente per i richiamati delitti tributari; si tratta di un’ipotesi di confisca che consegue obbligatoriamente all’accertamento del reato tributario. Un primo distinguo rispetto alla confisca di cui all’art. 240 c.p. è costituito dall’obbligatorietà della confisca anche del profitto del reato, che, di contro, secondo la disciplina generale sarebbe invece facoltativa; in particolare l’art. 12 bis pone sul medesimo piano prezzo e profitto del reato quali oggetti della confisca obbligatoria.
In ogni caso, il carattere afflittivo della confisca ne consente l’applicazione come pena accessoria con funzione compensativa, solo in caso di condanna definitiva. Tale interpretazione troverebbe riscontro nel dato testuale del secondo comma dell’articolo 12 bis, secondo cui la confisca non opera per l’ammontare che il contribuente si impegna a versare all’Erario, pur in presenza di sequestro, con la precisazione che, infine in caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.
Il profitto che può formare oggetto di confisca è costituito da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla consumazione del reato e quindi – con specifico riguardo agli illeciti tributari – può consistere in un risparmio di spesa, derivante dal mancato pagamento del tributo, degli interessi delle sanzioni dovute a seguito dell’accertamento tributario (Cass. Pen., Sez. Un., 31 gennaio 2013, n. 18734).
La novità di maggiore rilievo della Legge del 2007, tuttavia, è l’introduzione della confisca di valore o per equivalente. E’ infatti stabilito che nei casi in cui non sia possibile procedere con la confisca diretta si può procedere con la “confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore economico corrispondente a tale prezzo”; l’estensione dell’applicazione dell’art. 322 ter c.p. agli illeciti tributari consente ora di sottoporre a sequestro (prima) e confisca (successivamente a processo concluso) il profitto di reati in materia di imposte. Tale possibilità è giustificata dalla modalità tipica di perpetrazione degli illeciti tributari tendenzialmente operati tramite condotte omissive (mancato pagamento dell’imposta dovuta) e dunque concretantisi non nell’ottenimento di un provento in denaro, ma di un risparmio economico : evento immateriale che per sua natura non potrebbe essere sottoposto alla confisca di cui all’art. 240 c.p..
[1] Ambrosetti Mezzetti, Dir. Pen. D’impresa, IV Ed., Zanichelli, 2016.
Può estendersi retroattivamente la confisca per equivalente? E’ esclusa la possibilità di applicazione retroattiva della confisca per equivalente nella materia tributaria in ragione del carattere fortemente afflittivo della stessa e dell’assenza di una funzionalità di carattere preventivo che costituisce la finalità principale delle misure di sicurezza (Cass. Pen., Sez. III, 24 settembre 2008 n.39172).
Non tutti i beni sono passibili di essere sottoposti a confisca : non lo sono quelli che appartengono a persona estranea al reato (c.d. terzo interessato), ovvero non sono confiscabili ove ne risulti proprietario persona che non possa essere condannata per aver commesso l’illecito, o quantomeno per avervi concorso [1] .
[1] Ambrosetti Mezzetti, Dir. Pen. D’impresa, IV Ed., Zanichelli, 2016.
La confisca diretta e per equivalente e il D.lgs.vo 231/2001
La possibilità di applicare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca (diretta) ai beni appartenenti ad una società per gli illeciti tributari commessi dal legale rappresentante della stessa è possibile dal 2014 (Cass., Sezioni Unite, 30 gennaio 2014, n. 10651); la stessa pronunzia negava, tuttavia l’applicazione della confisca per equivalente (stante la natura di pena di questo tipo di misura) che deve comportare un’affermazione di penale responsabilità dell’ente, non prevista dal decreto per le fattispecie tributarie. Tale quadro tuttavia si modificava con l’entrata in vigore della L. 157/2019 (entrato in vigore il 19 dicembre) secondo cui gli illeciti tributari hanno trovato ingresso tra i reati presupposto del Decreto 231/2001. L’aver colmato tale lacuna legislativa ha determinato l’applicazione dell’art. 6, quinto comma, del D.lgs.vo 231/2001 e dell’art. 19 dello stesso Decreto, disciplinante la confisca diretta e per equivalente, alle ipotesi in cui il reo, rappresentante legale dell’ente abbia posto in essere i fatti di reato di cui all’art. 25 quinquiesdecies del D.lgs.vo 231/2001.