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Casi di Successo

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Abuso di ufficio per fondi Europei

Alto dirigente del Ministero […] assolto “perché il fatto non costituisce reato” […], dall’accusa di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.).  L’imputato avrebbe avvantaggiato un raggruppamento temporaneo di primarie imprese di consulenza (“R.T.I.”), […] S.p.a., […] S.p.a. e […] S.r.l., mediante stipulazione di tre atti integrativi del bando Europeo dal valore di 21.380.000,00 €; integrazioni, apparentemente prive di giustificazione, che avrebbero abusivamente accresciuto il corrispettivo dovuto dal Ministero.

La difesa, attraverso l’analisi del wording, del Bando e degli atti integrativi, scardinava la lettura monistica del contratto tra R.T.I e Ministero patrocinata dalla Pubblica Accusa, valorizzando interpretazione sistematica delle clausole ex artt. 1363,1367,1369 c.c.; tale lettura garantiva la sopravvivenza dell’art. 4 del contratto, che consentiva al Ministero di implementare le prestazioni pattuite, affidando servizi aggiuntivi allo R.T.I.; era dimostrato altresì come le convenzioni integrative fossero necessarie per implementare rapidamente l’organico dello R.T.I., evitando con ciò che il Ministero disperdesse i finanziamenti comunitari per superamento dei limiti temporali fissati nel Piano Europeo.

L’indizione di una procedura ad evidenza pubblica sarebbe stata, in quei frangenti temporali, incompatibile con il rispetto dei termini previsti dal Bando Europeo e avrebbe comportato la dispersione dei fondi non utilizzati dall’Italia.

Il Tribunale, aderendo alla tesi difensiva, escludeva la sussistenza del coefficiente psicologico del delitto, ritenendo che l’imputato non fosse stato mosso da intenzione di procurare ingiusto profitto allo R.T.I., quanto al contrario, per impiegare virtuosamente le risorse a disposizione del Ministero, riuscendo così ad evitarne la restituzione alla Commissione Europea.

Tribunale penale di Roma, Sezione II, pubblica udienza del 15 luglio 2019, p.p. n. 3819/2014 N.R. e n. 7702/2015 R.G. Dib.

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